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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 11:27.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2012 alle ore 12:03.

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«A Bolzano si respira un'aria di benessere che sfiora l'opulenza, le strade sono linde, i negozi di moda e di articoli sportivi si alternano alle boutique degli attrezzi per la manualità..., perfino le pale per togliere la neve sono un concentrato di tecnologia, funzionalità e design».

Correva l'anno 2010 e l'inviato del Sole 24 Ore descriva così il capoluogo dell'Alto Adige, la terra promessa degli autonomisti, luogo in cui non solo c'erano i soldi, ma si potevano pure spendere bene. Era dicembre e la provincia aveva appena trionfato nella classifica annuale sulla Qualità della vita, primato bissato in questo 2012.

In due anni, però, molto è cambiato: la congiuntura economica si è fatta sentire anche sotto il Virgolo, la balza rocciosa che domina Bolzano, e alcuni scandali molto "italiani" e poco "tedeschi" hanno preparato la strada a cambiamenti politici da queste parti epocali. La crisi, anzitutto. Molte voci dell'indagine 2012 dicono che a Bolzano è stata meno grave che altrove. Dal valore aggiunto pro capite (terzo posto) al basso tasso di disoccupazione (primo), dalle sofferenza sui prestiti (quarto) ai depositi bancari per abitante (undicesimo), sono molti i punti di forza mantenuti.

Non mancano, tuttavia, gli elementi di preoccupazione. Tentando una comparazione economica, mentre il 2010 altoatesino è stato un anno di ripresa dopo la crisi del 2009, il 2012 è apparso stagnante anche qui, tanto che l'Astat, l'istituto provinciale di statistica, e la Camera di commercio prevedono una crescita zero con leggera ripresa nel 2013. Ma il dato che preoccupa di più è forse quello sulla disoccupazione: se nel secondo trimestre 2010 il tasso era all'1,9%, per poi salire a fine 2011 al 3,34%, nel secondo trimestre 2012 ha superato il 4 per cento. Numeri lontanissimi da quelli nazionali, ma poco incoraggianti se associati a quelli della sola disoccupazione giovanile (quasi al 10%).

«Per rimanere competitivi dovremo esportare almeno il 30% in più - fa sapere Stefan Pan, presidente di Assoimprenditori –. E serve un cambio di marcia sul fronte delle infrastrutture, sui sostegni all'internazionalizzazione, sulla riduzione della burocrazia». Messaggi recepiti dall'assessore provinciale all'Economia, Thomas Widmann. «La finanziaria di fine anno – sottolinea Widmann – conterrà molti provvedimenti per il rilancio economico. A inizio 2013, poi, vareremo una legge che ridurrà a sei mesi l'attesa per chi si insedia nelle nostre aree produttive». Tra le iniziative previste e avallate da Assoimprenditori, si contano un programma straordinario per l'export, la creazione di liquidità mediante lease-back, la creazione di un fondo per capitali di rischio. Altre decisioni politiche non sono invece gradite agli industriali, come l'azzeramento triennale dell'Irap per tutte le nuove imprese («non temiamo la concorrenza – chiarisce Pan – ma vogliamo competere ad armi pari»).

Con bilanci provinciali più magri, alla politica si chiede anche di drenare meno risorse. Su questo fronte, a breve, uno dei problemi per l'economia potrebbe essere quello di confrontarsi con referenti diversi.

La crisi e gli scandali legati alle gare forse truccate per le concessioni idroelettriche – con inchieste in corso che hanno portato alle dimissioni dell'assessore all'Energia, Michl Laimer – stanno minando, infatti, l'egemonia della Svp, secondo gli ultimi sondaggi sotto la tradizionale maggioranza assoluta. Un brutto epilogo per l'amministrazione guidata da Luis Durnwalder, anch'egli indagato per l'utilizzo del fondo di rappresentanza per spese personali, prossimo all'addio dopo ben cinque legislature. «Dagli anni 60 – commenta Durnwalder – da provincia povera ci siamo trasformati superando problemi economici, etnici, di esodo dalla montagna. Si è potuto fare tutto questo grazie all'autonomia ed è alla luce di questa constatazione che ritengo l'attuale Governo Monti il peggiore con cui abbia mai dovuto dialogare».

Il timore dell'anziano leone della Val Pusteria non è legato all'aumento dei trasferimenti verso Roma («abbiamo già rinunciato a 500 milioni – dice – e siamo disposti a spendere ancora»), quanto al dirigismo che dal suo punto di vista permea l'attuale governo. «Non vogliamo che vengano lese le nostre competenze dicendoci dove e come tagliare – annuncia – e per questo motivo il 30 novembre saremo a Vienna per parlare con il presidente della Repubblica e il cancelliere. Ci sono dei trattati internazionali con l'Austria e vorremmo che Roma li rispettasse». Sul punto è d'accordo anche Pan («Forse è meglio che tagliamo noi – dice – visto che conosciamo il territorio»), ma le posizioni divergono quando si discute sul profilo complessivo dell'attuale esecutivo: «Eravamo sull'orlo del baratro – chiosa l'industriale – e senza Monti, che ci ha ridato credibilità, forse non ci saremmo salvati». Due profili diversi, segno, forse, di due stagioni diverse.

Ha collaborato Mirco Marchiodi

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