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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 17:53.

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Il Presidente del Consiglio Mario Monti, accompagnato dalla scorta, fa una passeggiata con la figlia prima di tornare a casa, Milano, 9 dicembre 2012 (Ansa)Il Presidente del Consiglio Mario Monti, accompagnato dalla scorta, fa una passeggiata con la figlia prima di tornare a casa, Milano, 9 dicembre 2012 (Ansa)

In attesa della prima reazione dei mercati dopo l'annuncio di dimissioni del premier Mario Monti si ripresenta la domanda: l'Italia deve chiedere gli aiuti internazionali? E chi, se del caso, dovrà chiederli?

Da Cannes siamo ritornati, dopo un anno, a Cannes. Il 4 novembre 2011 qui si consumò, al vertice del G20, l'ultimo atto del governo Berlusconi in un'atmosfera di totale isolamento dell'allora presidente del Consiglio italiano. "Silvio, chiedi gli aiuti", tagliò corto la coppia Merkel-Sarkozy. Pochi giorni dopo arriverà, alla guida di Palazzo Chigi, Mario Monti. Il quale, a luglio 2012, ricorderà così quel passaggio: "Ci fu una pressione su Berlusconi prossima all'umiliazione, ci fu il tentativo di far cedere all'Italia parte della sua sovranità e discrezionalità". Ma i partiti, aggiunse Monti, ora "si stanno comportando in modo altamente responsabile, pur con delle oscillazioni".

A dicembre 2012 le "oscillazioni" sono diventate, con il ritorno sulla scena di Berlusconi candidato premier e la scelta del Pdl di togliere il sostegno a Monti, un terremoto. E Monti a Cannes (questa volta alla World Policy Conference) ascolta di nuovo la fatidica domanda rivoltagli dal segretario dell'Ocse Angel Gurrìa: "Mario, perché l'Italia non chiede gli aiuti?" "Non ne vediamo il bisogno", risponde Monti poco prima di tornare a Roma dove annuncerà al Presidente della Repubblica Napolitano le dimissioni.

"Non ne vediamo il bisogno". Ma da domani chi può dirlo? Vero è che da una Cannes all'altra si è materializzata la possibilità di un intervento a sostegno dei paesi in difficoltà da parte della BCE a trazione Mario Draghi, ma il senso della logica (e delle conseguenze in termini politici) di un aiuto internazionale non cambia troppo. E non c'è premier che possa dire "sì" a cuor leggero.

Il problema, dopo il passo di Monti, è sul tavolo. Ed è di difficilissima soluzione, dovesse sciaguratamente presentare il conto. Come potrebbe un premier dimissionario, magari in piena campagna elettorale, raccogliere il consenso politico per una scelta che peserebbe sul prossimo governo frutto delle prossime elezioni? Forse la "rete di sicurezza" doveva essere stesa comunque prima, tenuto anche conto che i mercati non avrebbero fatto sconti ad un Paese in forte deficit di crescita. Ma tant'è. Oggi siamo al cospetto di un gran rebus, dovesse la tensione salire sui mercati e scendere il rating dell'Italia. Nel frattempo, allacciare le cinture.

twitter@guidogentili1

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