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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2012 alle ore 06:00.

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L'Alta Corte dello Stato indiano del Kerala ha accolto la richiesta avanzata dai legali dei due marò italiani detenuti da dieci mesi in India affinché i due militari possano trascorrere il Natale in Italia con le proprie famiglie.
I giudici hanno stabilito che, fatta salva l'eventuale opposizione del governo federale di New Delhi, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone potranno lasciare l'India dopo aver depositato una cauzione da 60 milioni di rupie, al cambio attuale 826mila euro, con l'impegno di fare ritorno nel Paese entro il 10 gennaio del prossimo anno. L'Alta Corte ha anche chiesto una dichiarazione giurata dell'ambasciatore d'Italia in India e del console generale di Mumbai.

Il governo dello Stato del Kerala si era opposto alla richiesta avanzata dai legali dei due fucilieri, esprimendo la preoccupazione che, una volta in Italia, i due si sarebbero sottratti per sempre alla giustizia indiana, di fatto «silurando» il processo.

Nel corso di una teleconferenza con i due marò avvenuta dopo l'annuncio del via libera, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha invitato i militari al Quirinale, ha detto che «noi rispetteremo l'impegno d'onore assunto» con l'India per avere i marò in Italia a Natale «e ci attendiamo che anche le autorità indiane rispettino l'impegno di una considerazione equa della nostra posizione». In una telefonata con l'ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, La Torre ha detto: «Se torneremo in Italia? Certo: noi abbiamo una parola sola ed è parola di italiani».

I due fucilieri di Marina del reggimento San Marco sono accusati di avere ucciso, lo scorso 15 febbraio, due pescatori indiani nel corso di una missione anti-pirateria che stavano svolgendo a bordo della Enrica Lexie, una petroliera italiana in navigazione tra Singapore e l'Egitto. L'incidente è avvenuto al largo delle coste indiane quando l'imbarcazione con a bordo i due pescatori si sarebbe avvicinata troppo alla nave italiana senza rispondere agli avvertimenti lanciati dai militari a bordo.

L'arresto dei due militari è avvenuto alcuni giorni dopo l'incidente, il 19 febbraio, quando la Enrica Lexie si trovava nel porto di Kochi dove, con una decisione molto controversa, era stata condotta dal suo comandante. Un'iniziativa, quella di attraccare in India, presa dopo che le autorità marittime indiane avevano chiesto alla nave di far rotta verso la terra ferma perché il suo equipaggio testimoniasse su un presunto assalto pirata avvenuto al largo del Kerala.

Una volta in porto è iniziato un teso braccio di ferro tra le autorità indiane e quelle italiane, sfociato in un caso diplomatico e conclusosi con la discesa a terra dei due militari e la loro detenzione, prima in una guest house del governo e quindi in un albergo di lusso di Kochi.

Il pronunciamento del Tribunale indiano giunge a una settimana dalla convocazione alla Farnesina dell'ambasciatore indiano a Roma. Un incontro, quello tra i funzionari del ministero degli Esteri e il rappresentante di New Delhi, durante il quale le autorità italiane avevano espresso la richiesta, poi disattesa, che la Corte Suprema indiana si esprimesse sulla legittimità del processo ai due fucilieri prima delle festività natalizie.

Il team di difesa dei due militari italiani si è rivolto all'organo posto al vertice del sistema giudiziario indiano per sostenere l'illegittimità del procedimento che dovrebbe svolgersi al tribunale di Kollam, in Kerala. La tesi dei legali italiani è che lo scontro costato la vita ai due pescatori è avvenuto in acque internazionali mentre i due fucilieri si trovavano a bordo di una nave italiana nel quadro di una missione internazionale contro la pirateria e che pertanto la giurisdizione competente è quella italiana. La Torre e Girone sono iscritti al registro degli indagati della Procura di Roma con l'accusa di concorso in omicidio.

La notizia del permesso accordato ai due militari è stata accolta con rabbia dai rappresentanti delle associazioni dei pescatori del Kerala che l'hanno definita «un imbroglio» e «una vergogna per l'India».

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