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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2013 alle ore 06:39.

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«Posso fare il ministro dell'Economia, il ministro degli Esteri, qualunque cosa giovi al mio Paese e a coloro che non si riconoscono nella sinistra. Il mio problema non esiste». Silvio Berlusconi annuncia un passo indietro dopo l'altro pur di sottoscrivere l'agognato accordo con la Lega.

Prima aveva aperto alla possibilità di non candidarsi a premier, ora addirittura lascia intravedere la possibilità di retrocedere al ruolo di ministro. «La Lega – spiega il leader Pdl – sottrarrebbe il 5-6%, rendendo più difficile la vittoria dei moderati» ecco perché l'intesa con il partito di Maroni fa gola al Cavaliere.
Come è noto, l'alleanza all'interno del centro-destra potrebbe portare a un Senato senza maggioranza e quindi alla necessità di accordi post-voto. Così in serata il Cavaliere al Tg1 dice categorico: «Siamo molto vicini all'accordo» con la Lega. «Essendo stati alleati per molti anni continueremo nel lavoro insieme» aggiunge.
Stessa certezza sulla possibilità di dar vita ad una lista per il Sud che faccia da contraltare all'alleanza con i Lumbard. Al centro del progetto, che dovrebbe essere definito oggi in una riunione nella sede del partito, Gianfranco Miccichè, Raffaele Fitto e i governatori del meridione Scopelliti, Caldoro e Iorio.

In casa leghista non si nasconde una certa soddisfazione per il "corteggiamento" da parte del Cavaliere e per i suoi ripetuti passi indietro. Ottimismo quindi sulla possibilità di chiudere un accordo nel fine settimana o, al più, entro martedì 8 gennaio. Anche se l'ordine di scuderia partito da Via Bellerio è quello di non dare niente per scontato «perché c'è una trattativa in corso e perché i termini dell'accordo devono ancora essere messi nero su bianco». In particolare, la Lega non demorde sulla richiesta di lasciare al Nord il 75% del gettito fiscale. Un punto che Berlusconi non può sottoscrivere senza far saltare sulla sedia tutti i suoi governatori del centro-Sud, da Caldoro a Scopelliti. Berlusconi dovrà anche affrontare il caso Lazio, dove il Pdl vuole presentare un proprio candidato e non accodarsi, invece, a Francesco Storace, leader della Destra già in campo.

Al di là delle alleanze e delle liste del partito, su cui l'ex premier non vuole dire molto rinviando ad una sorta di "cerimonia" la presentazione dei candidati, larga parte delle interviste di ieri sono state dedicate ad attaccare il governo tecnico. L'affondo è ormai quotidiano nei confronti del Professore e del suo esecutivo la cui esperienza viene bollata come «disastrosa» perché «ha portato il Paese nella spirale della recessione». Berlusconi punta il dito contro la decisione di Monti di "scendere in campo" definendo il suo ruolo «un'anomalia» e chiedendo le dimissioni da palazzo Chigi e da senatore a vita. Insieme al Professore a finire sul banco degli imputati ci sono Fini e Casini «gli uomini nuovi della politica», ironizza il Cavaliere che torna ad appellarsi agli elettori affinché non votino il cosiddetto "centrino" perché «votare i partitini è regalare la vittoria alla sinistra».

Rinnova poi l'affondo alla magistratura che «tenta di colpirmi anche dal punto di vista patrimoniale», ed un esempio è «la sentenza sugli alimenti per la mia ex moglie». Quindi un giudizio pesante anche sulla candidatura dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia: «Pm come lui sono un cancro della democrazia». Immediata la replica del magistrato palermitano: «L'imputato Berlusconi aiuta il Paese se sparisce dalla scena». L'ex capo del governo annuncia poi le prossime tappe del suo tour mediatico che la prossima settimana lo porteranno da Michele Santoro «per parlare ad un pubblico importante visto che mi è stato impedito di andare ad un "prime time"».

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