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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2013 alle ore 23:05.

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(ANSA)(ANSA)

La "vacanza natalizia" in Italia dei fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre è trascorsa senza che sia emerso nessun elemento aggiuntivo o chiarificatore circa la vicenda che li vede involontari protagonisti e che resta per molti versi confusa e ambigua. Nella deposizione spontanea resa al procuratore Giancarlo Capaldo e al sostituto procuratore Elisabetta Cennicola, titolari dell'inchiesta italiana sulla morte dei due pescatori indiani il 15 febbraio scorso, i militari avrebbero ribadito quanto già comunicato nel rapporto stilato subito dopo i fatti.

Latorre e Girone hanno confermato di aver sparato colpi in aria e poi in acqua a prua di un peschereccio che continuava ad avvicinarsi alla petroliera Enrica Lexie. La stessa versione raccontata, a caldo, dal comandante della Lexie nel rapporto inviato all'armatore. L'imbarcazione in avvicinamento sospetto, tra l'altro, non aveva né la forma né i colori del Saint Antony sul quale morirono due degli undici pescatori indiani.

I reiterati silenzi delle autorità italiane, che da quasi un anno sembrano preoccupate più di non far trapelare informazioni ai media che di chiarire i fatti, non spiegano perché Roma non difenda l'innocenza dei due militari ma si limiti a sostenere soltanto l'assenza di giurisdizione indiana per un evento verificatosi in acque internazionali. Un'ambiguità resa ancora più incomprensibile dall'accoglienza "da eroi" ricevuta da Latorre e Girone durante il soggiorno in Italia, tra incontri con le più alte autorità dello Stato e persino offerte di candidature alle prossime elezioni politiche.

Paradossale che la Procura di Roma, che li indaga per omicidio, abbia lasciato che Girone e Latorre ripartissero per l'India quando "ci sarebbero tutti i motivi per evitare la riconsegna dei due marò" come ha dichiarato Natalino Ronzitti, docente di diritto internazionale all'università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti italiani in materia, ribadendo che "la giurisdizione indiana non è competente in quanto esiste l'immunità funzionale sui due militari. Se debbono essere processati, questo deve avvenire in Italia e non in India". Gli stessi magistrati italiani che curano l'indagine hanno ammesso che le autorità giudiziarie indiane non hanno mai risposto alla richiesta di rogatoria della Procura di Roma nella quale si chiedeva una relazione dettagliata dei reati contestati ai due militari.

Del resto gli indiani non hanno mai mostrato molta trasparenza considerato che nessuna prova contro Latorre e Girone è stata finora resa nota e quanto emerso in questi undici mesi sono solo indizi e testimonianze raffazzonati che in nessuno Stato di diritto potrebbero portare a un processo. I pescatori del Saint Antony hanno cambiato versione tre volte, il peschereccio stesso è stato fatto volutamente affondare dal suo proprietario, che lo ha poi fatto rimettere a galla, cancellando ogni traccia nei fori dei proiettili che inoltre indicavano colpi sparati in orizzontale non compatibili con i 20 metri di altezza della murata della Enrica Lexie.

L'ipotesi più probabile resta quella che le due vittime siano state colpite dalla guardia costiera dello Sri Lanka. Negli ultimi anni un centinaio di pescatori indiani ha perso la vita e altri 350 sono stati feriti dopo essere stati sorpresi a pescare tonni nelle acque cingalesi.

Molte prove utilizzate contro Girone e Latorre, poi, sono state artefatte dagli inquirenti indiani, dalla posizione del Saint Antony (la cui presenza lungo la rotta dell'Enrica Lexie è tutta da dimostrare) alla perizia balistica e all'autopsia sui cadaveri dei pescatori che inizialmente riferì di proiettili calibro 7,62 millimetri (lo stesso calibro delle armi impiegate dalle motovedette dello Sri Lanka) poi "corretta" in 5,56 quando la polizia del Kerala si accorse che tutte e armi requisite sulla petroliera italiana erano di quest'ultimo calibro.

All'anatomopatologo Sasikala, che annunciò pubblicamente il tipo di proiettili rinvenuti nei cadaveri, venne addirittura vietato di parlare con i giornalisti, come ha potuto riscontrare Lorenzo Bianchi, inviato del Quotidiano Nazionale.

Nonostante le accuse ai militari italiani non reggano, l'ottimismo e la fiducia ostentata da Roma circa gli sviluppi del caso rischiano di andare nuovamente delusi. Il tribunale di Kollam ha fissato per il 15 gennaio una nuova udienza del processo ma è probabile un rinvio specie se la Corte Suprema di Nuova Delhi dovesse prendere ancora tempo per la sentenza sulla questione della giurisdizione. Una decisione in tal senso sembra attesa per fine gennaio, ma non si possono escludere ulteriori rinvii né sentenze sfavorevoli agli italiani.

L'India rivendica da tempo l'applicazione delle sue leggi non solo fuori dalle acque territoriali delle 12 miglia ma persino sull'intera zona economica esclusiva di 200 miglia. La Corte Suprema potrebbe quindi riconoscere la giurisdizione indiana o anche solo attribuire allo Stato del Kerala il diritto di processare i due militari italiani.

Se la giurisdizione italiana venisse accettata il ritorno, questa volta definitivo, di Latorre e Girone sarebbe immediato ma anche in caso di condanna l'accordo formato da Roma e Nuova Delhi nell'estate scorsa per lo scambio di cittadini condannati nei due Stati porterebbe i due fucilieri a tornare a casa anche se probabilmente in tempi più lunghi.

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