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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 20:25.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2013 alle ore 10:24.

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(Ansa)(Ansa)

Le forze speciali algerine hanno arrestato oggi cinque terroristi nel sito di estrazione di gas a In Amenas e altri tre sono in fuga. Ne ha dato notizia l'emittente privata algerina Ennahar. Intanto, sale il bilancio degli ostaggi morti durante il maxisequestro per mano dei terroristi legati ad Al Qaeda che agiscono per conto di Mokhthar Belmokhtar, figlio della Jihad degli anni 90 che oggi rivendica la paternità dell'attacco. L'emiro conferma che il blitz è conseguenza dell'intervento francese in Mali e la sua organizzazione è pronta «a negoziare con l'Algeria e l'Occidente a condizione che cessi la guerra» in quel Paese.

Ma inquietano i particolari dell'attacco e in particolare cosa dicevano i terroristi agli ostaggi. «Voi, algerini e musulmani, non avete niente da temere: cerchiamo i cristiani che uccidono i nostri fratelli in Mali e in Afghanistan per rubare le nostre ricchezze». Lo racconta da Riad un ex ostaggio algerino che lavora per la giapponese Jgc. Gli assalitori, che sembravano conoscere bene il complesso, «non sono andati nel sito dell'algerina Gtp, né in quello dell'italiana Sarpi, vuoti al momento dell'attacco», ha aggiunto l'algerino, secondo il quale i terroristi «avevano delle complicità all'interno perché conoscevano le camere degli stranieri e tutti i dettagli sul funzionamento della base». Intanto inevitabili arrivano le polemiche politiche. L'Algeria ha fatto le scelte «più opportune» per rispondere al sequestro di dipendenti del sito petrolifero algerino di In Amenas, ha affermato il presidente francese, Francois Hollande, sottolineando che le trattative con i rapitori non erano possibili.

Arriva anche una posizione che potrebbe preoccupare le aziende che lavorano nel Paese: il governo algerino fa sapere che non intende accettare interferenze esterne di alcun tipo nella gestione dei propri siti energetici, a partire dalla sicurezza che resta di competenza esclusiva delle forze di sicurezza locali. Pertanto il governo non consentirà a forze ed agenti stranieri di curare la protezione dei propri impianti petroliferi e gasieri. Lo ha annunciato il ministro del Petrolio, Youcef Yousfi, all'indomani della conclusione della crisi nell'impianto di In Amenas in cui sono stati uccisi 25 ostaggi e 32 rapitori.

L'emiro, nel video diffuso oggi ma che risale al 17 gennaio, afferma che l'Algeria è stata presa come bersaglio per «avere permesso ai colonizzatori di ieri (la Francia, ndr) di utilizzare il suo terreno e il suo spazio aereo per uccidere i nostri in Mali» e si dice disposto a rilasciare gli ostaggi in cambio della fine delle ostilità in Mali contro gli jihadisti che occupano il Nord del Paese. Mokhthar Belmokhtar conferma che l'operazione è stata condotta da 40 uomini, provenienti da "Paesi musulmani diversi" e da "Paesi occidentali" tutti inquadrati nella brigata di "Coloro che firmano con il sangue", da lui costituita poche settimane fa dopo la sua espulsione da al Qaeda nel Maghreb islamico, decisa dal capo del gruppo, lo sceicco Droukdel.

L'esponente jihadista, quindi, propone, in cambio del rilascio degli ostaggi, anche la liberazione di Omar Abderrahmane, l'emiro cieco che sconta l'ergastolo in America per l'attentato al Wtc. Nel video, Mokhthar Belmokhtar appare senza il turbante e senza armi e con indosso quel che sembra un giaccone mimetico. Alle sue spalle il tradizionale drappo nero usato dagli estremisti islamici, con scritte che ricordano la katibat e la sua denominazione.

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