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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 19:00.

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Mokhtar Belmokhtar è stato il primo, già alla fine degli anni ‘90, a insediarsi nel Nord del Mali. Lungo il Sahel transitano consistenti quantità di droga, dall'hashish alla cocaina spedita dal Sudamerica, i Tuareg vengono coivolti nel narcotraffico, favoriti anche dalla corruzione delle autorità locali. Bamako si è vantata a lungo di essere una funzionante democrazia ma il Nord del Mali era da tempo fuori controllo.

La falange di Belmokhtar, nonostante i divieti della legge islamica, si lancia nel narcotraffico, riscuotendo tangenti dai Tuareg e facendo da "scorta" ai carichi. Ma lui diventa un personaggio da prima pagina nelle cronache occidentali soltanto nel 2003 quando il Gspc organizza il rapimento di 32 stranieri nel Sud-Est dell'Algeria. Questa sarà la branca che darà vita ad Al Qaida nel Maghreb.

E' un episodio chiave per capire anche i fatti di queste ore a In Amenas. Mentre 17 ostaggi vengono liberati da un blitz dell'esercito algerino, gli altri rimagono prigionieri di una fazione capeggiata da Amar Sayfi (Abdul Razzaq) detto El Para, il parà, perché era un ex paracadutista dell'armata algerina. Con il braccio destro Abu Zayd, El Para si unisce a Belmokhtar e liberano il resto degli ostaggi spuntando un riscatto di 5 milioni di euro.

Gli algerini sono furibondi ma riescono a confinare i terroristi nel Nord del Mali. Belmokhtar ed El Para si serviranno dei soldi del sequestro per farsi accettare dalle popolazioni locali comparando il loro sostegno. Questa è una parte della storia che spiega perché a un certo punto troviamo i jihadisti algerini a fianco della guerriglia islamica Tuareg che l'anno scorso ha scalzato l'ala nazionalista e laica.

Corano e Cocaina, un'accoppiata non proprio ortodossa. E infatti Belmokhtar e Abu Zayd, succeduto al El Para catturato in Chad e poi consegnato agli algerini, apriranno un dibattito infuocato per fare accettare alla centrale di Al Qaida di Osama bin Laden questo strano connubio. Sono soldi che servono per la Jihad, quindi leciti, è alla fine il responso di un imam dell'organizzazione.

Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) è una creatura multiforme. Il laeder, l'emiro Abdel Malik Drukdel, è per la linea dura: rapisce, decapita di persona un paio d'ostaggi, ma evita legami troppo stretti con i narcos del deserto. Belmokhtar è invece un cacicco islamista coinvolto in tutti i traffici. Si guadagna anche l'epiteto di "Mr Marlboro" e disubbedendo ai capi tratta anche con le autorità algerine per proteggere la sua posizione: nel 2007 "El Watan", il più importante quotidiano algerino, annuncia che sarebbe pronto ad arrendersi.

In realtà i jihadisti algerini, anche dopo aver adottato il franchising di Al Qaida, restano molto autonomi dalla centrale ideologica del saudita Bin Laden e dell'egiziano Zawahiri. Sono i battitori liberi della Jihad nel Sahel e con i suoi metodi Aqmi negli ulitmi anni era diventata più simile a un gruppo mafioso che a una filiale terroristica.

Belmokhtar naviga benissimo in questa situazione da Padrino con il turbante: con i finanziamenti del narcotraffico, gli appoggi internazionali e i soldi dei sequestri, si compra la benevolenza della popolazione locale del Nord del Mali abbandonata dallo stato centrale. Organizza le feste islamiche, sovvenziona le fiere del bestiame e l'acquisto dei montoni da sgozzare, invia i messaggi giusti, cioè le bustarelle, alle autorità del posto.

Quando nel Mali settentrionale e nel Sahel si concentrano diverse forze jihadiste _ oltre ad Aqmi, Ansar Eddine e il Mujao (Moviento per il monotesimo) _Belmoktar è pronto insieme agli altri a sfruttare abilmente la rivolta dei Tuareg infiammata dal ritorno, dopo la caduta di Gheddafi, dei guerriglieri al soldo del regime Tripoli.

Ma pure essendo uno dei maggiori capi di Al Qaida in Africa, così sicuro di sé da essere avvvistato nella strade di Gao in mezzo ai guerriglieri, Belmokhtar riscuote poche simpatie nei vertici. E' costretto a mettersi in proprio quando nell'ottobre dello scorso anno viene giudicato dall'Emiro Drukdel una "mela marcia", un "corruttore". Fonda così la sua katiba, la legione dei "Firmatari del sangue": l'operazione di In Amenas, con l'obiettivo di liberare pezzi grossi della Jihad in carcere, doveva forse costituire per lui un passaporto per rifarsi le credenziali, piuttosto appannate, di puro e duro della Guerra Santa.

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