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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2013 alle ore 11:20.
L'ultima modifica è del 26 gennaio 2013 alle ore 10:42.

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L'inaugurazione dell'anno giudiziario nei 26 distretti italiani dà voce ai diritti ancora negati. Il procuratore generale presso la Corte d'Appello di Roma, Luigi Ciampoli parla del «drammatico problema della situazione carceraria», che «costituisce una intollerabile vergogna per l'Italia». Ci sono poi quei delitti contro le donne, come gli omicidi e anche il reato di stalking, che rappresentano un fenomeno che richiede una «sollecita risposta». Ciampoli avverte: «gravissimo è il dilagare della corruzione, la cui estensione si è rivelata diffusa in maniera disinvolta, arrogante, spregiudicata». A tenere banco nella maggior parte delle relazioni è il dibattito sulla partecipazione dei magistrati alla politica, dopo gli ultimi casi - solo per citarne alcuni- di Antonio Ingroia e dell'ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

Severino su alternative al carcere
A Milano il presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio ricorda che l'Italia è prima nell'Unione europea per prescrizione e durata dei processi. A Torino il procuratore generale Marcello Maddalena manifesta «a nome di tutta la procura generale» la «totale solidarietà» al procuratore capo Gian Carlo Caselli e ai magistrati che si occupano dei diversi processi ai No Tav. Alla cerimonia nel capoluogo piemontese partecipa il ministro Paola Severino. Sulle carceri, afferma il Guardasigilli nel suo intervento, la strada intrapresa é quella giusta, ma rimane il «rammarico per la mancata approvazione della delega in materia di pene detentive non carcerarie e messa alla prova avrebbe certamente lasciato un segno nella giusta direzione».

Venerdì l'inaugurazione in Cassazione
Ieri si è tenuta invece l'inaugurazione dell'anno giudiziario da parte del primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo, che sulle toghe in politica ha chisto regole più rigorose.

Da Roma a Palermo a Milano: è divisione sul ruolo dei magistrati
C'è divisione sul ruolo dei magistrati e sulla loro attività politica. Se infatti il presidente della Corte d'appello di Roma Giorgio Santacroce dice di non trovare «nulla da eccepire sui magistrati che abbandonano la toga per candidarsi alle elezioni politiche» il suo omologo di Palermo Vincenzo Olivieri evidenzia invece che per i magistrati «è arrivato il momento di modificare molti atteggiamenti» dicendo no a «sovraesposizione e protagonismi». Il procuratore generale di Torino Marcello Maddalena osserva: «Non mi pare che l'immagine dell'ordine giudiziario tragga grosso giovamento» dal fatto che alcuni magistrati «sono scesi o saliti» nella prossima competizione elettorale. Sulla stessa linea il procuratore generale della Sardegna, Ettore Angioni: intervenuto a Cagliari, critica l'eccessiva ricerca di visibilità di alcuni magistrati nei media. Anche Canzio da Milano chiede «equilibrio, moderazione, sobrietà e riservatezza, anche sul piano dei rapporti con i media e con la politica, rispetto e leale collaborazione con le altre istituzioni». Il presidente a Reggio Calabria Giovanni Battista Macri va controcorrente: esclude «che esista oggi in Italia un problema magistratura. Esiste invece - spiega - un problema giustizia».

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