Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 12:30.
A conti fatti, nel programma elettorale di Mario Monti ci sono quasi 30 miliardi di tasse in meno. Un impegno non da poco, soprattutto perché viene dal presidente del Consiglio di un governo chiamato a gestire una fase di grave emergenza, che ha più volte ammonito, con implicita critica al suo predecessore, a non promettere quel che non si può mantenere, soprattutto in campagna elettorale.
Ed ecco che ora, attraverso una serie di misure precise e circostanziate il premier annuncia a "Omnibus", la trasmissione mattutina de "La 7" che qualora succedesse a se stesso ridurrebbe già da quest'anno l'Imu raddoppiando la detrazione per i figli a carico ora fissata a 200 euro, e da 100 a 200 euro per gli anziani: costo 2,5 miliardi, da coprire con «la riduzione delle spesa corrente. C'è chi propone semplicemente di abolire l'Imu, poi magari deve intervenire un governo tecnico», ha commentato Monti.
E poi l'Irap: Monti pensa alla totale esclusione del costo del lavoro dal calcolo della base imponibile, per un minor gettito di 11,5 miliardi dal 2014. Intervento che avrebbe un indubbio impatto e che di certo va accolto con favore. Ma c'è anche l'Irpef nel programma fiscale del professore, E anche in questo caso le risorse che serviranno a finanziare il taglio delle tasse a beneficio dei redditi medio-bassi sono tutt'altro che irrilevanti: 15,5 miliardi.
Certo è un programma di legislatura, dunque si può immaginare fin d'ora che il costo dell'intera operazione sia spalmato in più anni, con diverse incognite però che pare opportuno mettere in luce. Monti propone un trittico di misure di copertura per la riduzione delle tasse: il sostanziale blocco della spesa corrente primaria al livello del 2012; il potenziamento della lotta all'evasione; l'auspicata riduzione degli oneri per interessi passivi. Sul primo punto, l'intento è lodevole ma di realizzazione alquanto complessa, come mostra la serie storica degli ultimi dieci anni, Bloccare la spesa è operazione politicamente molto ardua, poiché è proprio nella spesa pubblica che proliferano clientele, corruzione.ma è anche su questo fronte che si misura il consenso politico-elettorale in Parlamento. Per scardinare questo complesso intreccio, occorre un governo solido e autorevole, sostenuto da una maggioranza ampia, coesa e in grado di governare effettivamente cinque anni senza interruzioni di sorta.
Quanto alla lotta all'evasione, ben venga l'impegno ad utilizzare ogni euro in più recuperato per ridurre le tasse. Finora non è stato possibile, perché quei proventi (circa 12 miliardi nel 2012) sono stati utilizzati per ridurre il deficit. E qui entra il gioco la variabile decisiva, quella che rischia di vanificare ogni credibile ipotesi di riduzione delle tasse, per Monti così come per gli altri candidati alla leadership. Al momento risorse non ve ne sono.
Quest'anno il Pil cadrà dell'1%, contro lo 0,2% previsto in settembre, Occorre onorare l'impegno al pareggio di bilancio, sia pure in termini strutturali (dunque al netto delle variazioni cicliche e delle una tantum), mantenendo al tempo stesso un avanzo primario nei dintorni del 5% del Pil, condizione indispensabile per avviare la riduzione del nostro ingente debito pubblico. Quest'anno peraltro occorrerà far fronte a diverse spese da finanziare, tra queste il probabile incremento degli stanziamenti per gli ammortizzatori in deroga, per gli esodati e per le missioni internazionali (il cui costo è coperto fino a settembre). Dulcis in fundo la patata bollente dell'Iva, che in mancanza di risorse compensative (4 miliardio a regime) aumenterà dal 1° luglio dal 21 al 22 per cento. In un contesto di tal fatta, è certo auspicabile ma di ardua realizzazione anche un contestuale intervento sull'Imu per 2,5 miliardi.
L'altra variabile decisiva è la spesa per interessi. Certo una discesa dello spread verso i 200 punti base, e auspicabilmente al di sotto di tale soglia, ci consentirerebbe di risparmiare 10 miliardi in due anni. Molto dipenderà dalla credibilità del nuovo governo nei confronti dei mercati, ma non solo. Il punto decisivo, come del resto ha più volte sostenuto lo stesso Monti, è nella risposta che l'Europa sarà in grado di offrire alla crisi congiunturale e occupazionale con la quale si dibatte l'eurozona. Oltre che naturalmente nella sua capacità effettiva di spegnere eventuali altri incendi utilizzando lo scudo antispread e sostenendo l'azione della Bce.
©RIPRODUZIONE RISERVATA