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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 15:22.

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I giocatori azzurri durante il captain's run allo stadio Olimpico di Roma,2 febbraio 2013, in vista della partita di domani contro la Francia per il 6 Nazioni di rugby. ANSA / MAURIZIO BRAMBATTII giocatori azzurri durante il captain's run allo stadio Olimpico di Roma,2 febbraio 2013, in vista della partita di domani contro la Francia per il 6 Nazioni di rugby. ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI

E' successo. L'anno scorso, allo scadere del 13° Sei Nazioni, per la prima volta una buona parte del pubblico italiano - in un Olimpico pieno come sembrava poter succedere solo nei sogni - ha intonato un canto diverso dall'inno nazionale. C'era da sostenere gli Azzurri alle prese con il tentativo di rimonta della Scozia. Ed è partito "'O surdato ‘nnamurato", resa celebre a livello nazionale dall'interpretazione da Massimo Ranieri in un film per la tv con la grandissima Anna Magnani ("La sciantosa", 1970), e poi adottato dai tifosi del Napoli. Dal calcio al rugby, dunque, è stato un attimo e poi è echeggiato "Oje vita, oje vita mia…" con quel che segue.
Prendiamone atto. Se i francesi - a livello canoro - sostengono i loro con la sola Marsigliese, ma in compenso schierano diverse bande sugli spalti, il repertorio degli anglosassoni è decisamente più ampio. In testa i gallesi: non a caso, Bruno Tavelli, arbitro internazionale degli anni 70, li chiamava "i napoletani del Regno Unito": magari non si riferiva solo agli aspetti musicali ma, da "Bread of Heaven" al "Delilah" dell'idolo Tom Jones, il Millennium Stadium (e il suo antenato Arms Park) è il palcoscenico massimo di questo popolo nato per cantare. E gli inglesi? Quel "Swing low sweet chariot" divenuto casualmente il top per decine di migliaia di supporter? Con il rugby e i suoi significati non c'entra niente, eppure è ormai un passaggio obbligato, almeno quando le cose si mettono bene per gli uomini in bianco.

Ecco, la spontaneità è un ingrediente non da poco per promuovere un canto, e dunque all'Olimpico quella prima volta (che ha coinciso con la prima vittoria dell'Italia targata Brunel) acquista un valore particolare e attribuisce un bel punteggio al soldatino partenopeo che scrive all'amata dal fronte. In passato, c'era stato un tentativo di convincere i tifosi a cantare "Volare", con tanto di fogli distribuiti all'esterno del Flaminio. Niente da fare, da questa iniziativa studiata a tavolino non scoccò alcuna scintilla. D'altronde, a voler ben vedere, se l'enorme popolarità dell'opera di Domenico Modugno poteva sicuramente essere d'aiuto, il titolo "ufficiale" della canzone ("Nel blu dipinto di blu"), non sembra poi il massimo: in fin dei conti, il blu nel Sei Nazioni si accoppia a Scozia e Francia, non all'Italia. E così, anche "Il cielo è sempre più blu" di Rino Gaetano, sparato dagli altoparlanti dell'Olimpico alla fine dei due incontri del torneo e ripreso da molti supporter, ha questo piccolo difetto originale.

Se l'argomento non sembra troppo frivolo (ma poi perché, ragionando di rugby e non di massimi sistemi, dovrebbe esserlo?), possiamo spingerci ancora un po' più in là. Ribadito che la nascita occasionale di una tradizione è forse l'unica che le garantisce un futuro, è legittimo esprimere qualche preferenza a tavolino. Se vogliamo uscire completamente da argomenti "ovali", una canzone notissima e molto adatta come dichiarazione d'amore per una squadra sarebbe "La prima cosa bella". Se invece puntiamo sul patriottico spinto, ci sarebbe "La canzione del Piave": il concetto del "far contro il nemico una barriera" e il "non passa lo straniero!" finale urlato da decine di migliaia di voci avrebbero un significato anche in campo rugbystico e un impatto non da poco, senza considerare l'implicito omaggio alla terra veneta, che tanto conta per la palla ovale italiana.

Rimane un'altra possibilità, orecchiabile, cantabile, con un ritornello a sua volta molto popolare: è "Azzurro" di Paolo Conte, che ha avuto come primo e più autorevole interprete Adriano Celentano. Il colore stavolta è quello giusto, e non dovrebbero esserci troppe difficoltà a liberare la modalità squarciagola. Rispetto al chariot inglese, poi, si evocano due mezzi di locomozione più moderni: l'aeroplano ("sento fischiare sopra i tetti un aeroplano che se ne va", chissà dove), ma soprattutto il treno. "E allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te; ma il treno dei desideri nei miei pensieri all'incontrario va". Ah quanti desideri, hanno i fan italiani, sempre in attesa di prendere il treno giusto…

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