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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 16:35.

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È il grande assente della campagna elettorale, l'arma in più per attivare la crescita che finora è rimasta sistematicamente inutilizzata. Al rilancio del Mezzogiorno punta un documento congiunto firmato da 21 istituti meridionalisti, tra i quali Svimez, Animi, Fondazione Mezzogiorno Europa, Fondazione Ugo La Malfa, Fondazione con il Sud, Obi.
Un manifesto per lo sviluppo delle regioni meridionali proposto alle forze parlamentari e ai partiti nella convinzione che il ritorno alla crescita dell'economia nazionale richiede una rinnovata attenzione alle potenzialità del Mezzogiorno.

Si parte dal rilancio dell'industria
C'è un dato che fotografa in modo netto il rischio di desertificazione industriale del Sud. La quota del manifatturiero sul Pil è ferma al 9,4% rispetto al 18,8% del Centro Nord e all'obiettivo del 20% indicato recentemente dalla Commissione europea per l'industria continentale e rilanciato dalle proposte di Confindustria per l'Italia. Sul tema, la proposta condivisa parte dal rilancio dei poli interessati da crisi aziendali o territoriali e dalla riqualificazione dei modelli di specializzazione che hanno sempre fortemente caratterizzato l'area.

I settori centrali per avviare la ripresa
Strategici, secondo la piattaforma proposta dai 21 istituti, saranno un ampio programma di riqualificazione urbana, con il rilancio dell'edilizia, e strategie mirate per logistica ed energia. Nel caso della logistica vanno create «le condizioni per lo sviluppo a livello di "area vasta" di specifiche filiere di eccellenza». Prezioso, poi, il bacino delle energie rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico e biomasse) e, nello specifico, della geotermia.Nel 2011, sottolinea il documento, «l'apporto del Sud è stato pari al 66% dell'energia generata dalle fonti rinnovabili, che resta però meno del 10% della produzione complessiva nazionale».

Riequilibrio fiscale
Il documento indica tra le priorità la riforma del Patto di stabilità, per allentare i vincoli sulla spesa che bloccano gli interventi degli enti locali, e una redistribuzione del carico fiscale, con uno spostamento della tassazione dalla produzione al consumo. In altre parole, si propone di privilegiare meccanismi come l'Iva, le imposte immobiliari e la patrimoniale sulle grandi ricchezze, liberando risorse da destinare all'obiettivo finale che dovrà essere l'abolizione dell'Irap.

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