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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 09:35.

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La cosa più deprimente dell'accordo sul bilancio europeo è proprio la giustificazione data ieri dai vertici di Bruxelles: è il massimo possibile. Ma come può essere? Siamo nel mezzo della seconda recessione europea in soli quattro anni.
Bisognava rivedere il senso del bilancio e farne uno strumento di crescita. Invece non ci si è nemmeno provato. Eppure riflessioni fondamentali su come riformare l'uso comune delle risorse erano state preparate proprio dalla Commissione da anni. È finita con la solita trattativa notturna durante la quale, rispetto alla proposta di novembre, sono calate le spese nella ricerca, nelle infrastrutture tra paesi e nelle reti dell'energia, alcune tra le voci con maggiore capacità di stimolo economico.

La situazione fiscale europea è migliore di quella americana, ma se martedì prossimo a Washington il presidente Obama presentasse lo «Stato dell'Unione» annunciando tagli agli investimenti verrebbe cacciato. Nella retorica attuale, il bilancio Ue è solo una partita di giro mal congegnata tra paesi ricchi. Ma ora che le differenze tra paesi sono tornate a crescere, anziché diminuire, il bilancio Ue aveva un significato sostanziale. La rinuncia a ogni ambizione fa pensare invece che i capi di governo europei si siano allegramente arresi. Con superficiale pragmatismo molti di loro hanno volenterosamente deposto le armi e smesso di combattere per l'Europa. Questo sistema di interdipendenza economica e indipendenza politica sembra loro troppo complicato da gestire tra 27-28 stati membri gelosi di se stessi e diffidenti degli altri.

Con semplicità un tempo si parlava di egoismo, poi di assenza di visione, ora di declino di un'idea.
Per la prima volta nella sua storia infatti la direzione dell'Europa si è invertita. L'Unione “sempre più stretta” scritta da decenni nei Trattati sembra solo un cartello pubblicitario. Con l'accordo di ieri il bilancio settennale (2014-2020) dell'Unione scende del 3% rispetto al bilancio precedente (2007-2013) e del 7% rispetto alla proposta iniziale della Commissione.

Nel 2020 però i tagli reali saranno addirittura nell'ordine del 20%. Non è solo un problema di dimensioni finanziarie. Il bilancio europeo non è infatti solo capacità di spesa, ma l'identificazione di obiettivi comuni di efficienza e di solidarietà. Di questo passo, della personalità politica europea resterà solo l'ombra su un muro.
Nella sostanza ha prevalso il solito ricatto di David Cameron e il fastidio di Germania, Olanda, Svezia e Danimarca. La retorica dei Sig (Svezia Inghilterra e Germania) in particolare è che in tempi di austerità nazionale, anche i bilanci europei devono tagliare le spese. D'accordo, c'è la casta di Bruxelles da ridimensionare, tuttavia la motivazione del rigore europeo da accoppiare a quello nazionale è tecnicamente suicida.

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