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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2013 alle ore 16:19.
Per niente bamboccioni, i giovani (e giovanissimi) assi del rugby che spingono le loro squadre alla vittoria nel secondo turno del Sei Nazioni 2013. Un'onda verde, dove il colore non si riferisce all'Irlanda ma alla tenera età sportiva di numerosi ragazzi già affermati. A dimostrazione del fatto che, quando ci sono la testa, il fisico e la classe, non è mai troppo presto.
Un'Inghilterra a lungo balbettante, rimasta immotivatamente aggrappata per anni ai supercampioni del 2003, è ora la squadra migliore del Vecchio continente. A dimostrarlo non è solo la classifica del Sei Nazioni, che vede i bianchi in testa, unici ad aver vinto due gare su due, ma anche per la sicurezza e la versatilità dimostrate: dopo il gioco più espansivo mostrato in casa contro la Scozia, ecco gli uomini dell'insospettato stratega Stuart Lancaster farsi speculativi e pronti alla lotta di trincea nella bufera di Dublino. Zero mete (12-6 il finale), ma un successo sul terreno di quella che sembrava la concorrente più temibile.
Insomma, una squadra che - a partire dal clamoroso successo di novembre sugli All Black – si è rivelata forte e matura. A dispetto di un'età media, calcolata sul XV di partenza, di poco superiore ai 25 anni. Nessun ultratrentenne: il più anziano, il seconda linea Geoff Parling, ha compiuto 29 anni da tre mesi; il più giovane, Owen Farrell, è sotto i 21 anni e mezzo. Ed è uno dei registi della squadra, nonché il calciatore che ieri ha segnato tutti i punti inglesi.
Il team capitanato da Chris Robshaw, infatti, non solo vanta l'età media più giovane del torneo, ma ha anche una mediana di sbarbati: all'apertura il già citato Farrell, al comando della mischia Ben Youngs, 23 anni e 5 mesi. In due, fanno 44 anni e 9 mesi: nove anni in più di quelli che, da solo, totalizza Ronan O'Gara, che ieri si è trovato a fronteggiarli dopo l'uscita per infortunio di Jonathan Sexton.
Anche guardando alle mediane schierate in partenza nei due match di sabato, a prevalere sono state le accoppiate più giovani: a Edimburgo il 9 e il 10 della Scozia assommavano 52 anni e 4 mesi, mentre quelli dell'Italia superavano di pochissimo i 60; a Parigi i due gallesi arrivavano a 53 anni e 9 mesi, contro i 54 anni e 4 mesi dei francesi.
Indipendentemente dal confronto tra questi reparti-chiave, poi, altri giovanissimi sono stati decisivi per le vittorie delle proprie squadre. Il Galles ha interrotto una serie negativa di otto match soprattutto grazie a una meta di George North, ala del 1992 dal grande fisico (193 centimetri per 109 chilogrammi!) che ha già raccolto la bellezza di 28 presenze e 12 mete in Nazionale. Tornando a Scozia-Italia, ecco tra i protagonisti assoluti l'ormai consacrato seconda linea Richie Gray, di 23 anni e mezzo, e l'estremo Stuart Hogg, che farà 21 anni solo a fine giugno. E chissà che non li festeggi in Australia, magari da titolare dei British & Irish Lyons.
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