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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2013 alle ore 16:25.

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E invece è partita la gara a chi la spara più grossa?
È triste ammetterlo ma è partita una campagna che, ignorando strategie e impegni precedenti, si è interamente concentrata su impossibili riduzioni di imposte. La gara fra un rigorista a oltranza e un consumato scialacquatore non può non vedere quest'ultimo fortemente avvantaggiato. Nessuno dei due vincerà il campionato. Intanto però i mercati internazionali sono di nuovo entrati in fibrillazione. E i mercati hanno purtroppo una memoria più lunga di quella degli elettori. L'Italia non può permettersi un nuovo periodo di instabilità. Credo tuttavia che il centro-sinistra sia in grado di impostare una strategia di sviluppo di lungo periodo pur tenendo i conti in ordine.

Insomma ci vorrebbe un Prodi-tris?
Non scherziamo. Bersani sarà un ottimo primo ministro, nel solco tracciato dai precedenti governi di centro-sinistra. In passato avevo battezzato questa politica come la "politica della formica", che deve lavorare con pazienza, riorganizzando la pubblica amministrazione per contenerne le spese e aumentarne l'efficienza, ma investendo nello stesso tempo nelle risorse umane, dalla scuola alla ricerca, in una politica industriale vera, assente ora nel Paese.

Ripartiamo dalla politica industriale. Mi spieghi meglio la sua visione…
Non è solo mia. Ne parla Squinzi un giorno sì e un giorno sì. Ne parlano le forze sociali. Il presidente Napolitano in più occasioni, negli ultimi anni, ha insistito con forza sulla necessità di investire in ricerca e sviluppo. Parole inascoltate. Solo con un'innovazione applicata in tutti i campi in cui abbiamo ancora possibili vantaggi possiamo salvarci. Vi è ancora spazio per le "specialità italiane" nel mondo globalizzato ma queste specialità debbono essere mantenute e valorizzate da una incessante tensione a innovare.

Ha in mente qualche modello in particolare a cui ispirarsi: la Silicon Valley californiana, la Germania, la Cina...
Da tutte le storie di successo c'è qualcosa da imparare. Noi abbiamo ottime mani, ottimi cervelli. Dobbiamo ritrovare solo un po' di orgoglio. Il sistema deve sostenere chi cerca di fare e di fare bene. Non ostacolarlo. Tanti sono gli esempi a cui far riferimento. La Corea del Sud si avvicina molto all'Italia per dimensione e, come noi, non possiede materie prime. Ebbene, investendo ogni anno più del 3% del Pil in ricerca e sviluppo, è ora prima al mondo in 7 tra i grandi settori produttivi. Pensate che i tre colossi Samsung, Lg e Hyundai ogni anno investono dall'8 al 10% del fatturato in R&D. Il problema principale, anche per far ripartire il lavoro, è la produzione. È lì la chiave di tutto. In Italia manca da tempo una politica industriale credibile. Di questo ha bisogno il Paese. Di questo hanno bisogno le imprese e i lavoratori. È una strategia faticosa e a lungo termine, proprio l'opposto di quanto emerge dalla maggior parte delle tuonanti dichiarazioni di questa campagna elettorale.

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