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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 07:36.

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Stamattina, alla prima congregazione generale della Sede vacante dopo la rinuncia di Benedetto XVI, sono attesi più di 150 cardinali. Erano solamente 13 il 9 ottobre del 1958, poche ore dopo la morte di Pio XII. Li convoca a tamburo battente il decano francese, Eugène Tisserant: prefetto della Biblioteca vaticana, ex ufficiale di artiglieria nella Grande guerra, poi "chairman" anche nel conclave del 1963.

Ad eleggere il primo papa contemporaneo, Giovanni XXIII, sono poi soltanto in 51 e fra di essi alcuni ultra-ottantenni. Gli italiani (18) per la prima sono in minoranza e due europei (l'ungherese Midszenty e il croato Stepinac) non riescono a varcare la cortina di ferro per venire a votare a Roma.
Papa Pacelli, segretario di Stato uscente, era stato eletto nel 1939 da 62 confratelli: aveva deciso lui, come camerlengo, di far durare ben 18 giorni la sede vacante, per consentire la partecipazione al conclave di tutti i cardinali provenienti dal Nord e del Sud America. Quasi vent'anni dopo, l'ultimo papa aristocratico lascia un sacro collegio ai suoi minimi termini (ben sotto il tetto dei 70 membri in vigore da quattro secoli) e la Santa Sede senza segretario di Stato e senza camerlengo. Quest'ultimo viene nominato dai cardinali stessi proprio alla prima congregazione. E' ovviamente un curiale - Benedetto Aloisi Masella – a designarlo c'è il patriarca italo-armeno Gregorio Agagianian, pronto a correre come candidato della Curia. Il patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, arriva a Roma in treno nei giorni successivi: con calma, ma già sapendo di essere in partita. «C'è rumore di farfalle attorno al mio nome », annota nel diario. Anche allora il problema è trovare un accordo fra curiali e arcivescovi diocesani, fra italiani e non italiani: e il futuro "Papa buono" ha il curriculum giusto. Giovane segretario del vescovo di Bergamo, approda presto in Vaticano (segretario di Propaganda fide) e poi è diplomatico di frontiera: Bulgaria, Turchia e infine in Francia, alle prese con le spinose epurazioni dei vescovi collaborazionisti col nazismo. L'incarico pastorale a Venezia gli è servito per completare il cursus utile a un pontefice 77enne: che tutti immaginano transizione (e infatti regna meno di cinque anni) , ma imprime alla Chiesa una scossa inattesa e irreversibile, con il Concilio Vaticano II.

Nel pieno dell'anno "anno della fede" indetto da Papa Ratzinger per il cinquantenario di quel Concilio, il ruolino del Sacro collegio annovera oggi 207 porpore (negli ultimi giorni sono mancati due fra i più anziani: Il belga Jean Ries e il francese Jean Marcel Honoré). Al più tardi domani, nell'aula del sinodo, dovrebbero essere presenti i pressocché tutti i 115 futuri elettori (forse attenderà ancora qualche giorno il patriarca copto-egiziano Antonios Naguib, convalescente da un ictus). Hanno invece già rinunciato il cardinale scozzese Patrick O'Brien (dimessosi per uno dei tanti casi non vigilanza sugli abusi sessuali) e l'indonesiano Julius Daarmatmadja, per ragioni di salute.
Gli ultraottantenni – che non entreranno in conclave – restano 90 rispetto ai 117 elettori e hanno diritto - ma non l'obbligo - di partecipare alle congregazioni. Tra di loro c'è anche il decano in carica - l'ex segretario di Stato Angelo Sodano – e il suo sottodecano, il francese Roger Etchegaray, l'ambasciatore- giramondo che Wojtyla inviò perfino da Saddam Hussein. Il cardinale astigiano presiederà tutte le congregazioni e celebrerà la "Missa pro eligendo pontifice", la mattina che precederà immediatamente l'apertura del conclave: ufficiosamente ipotizzata per lunedì 11 marzo.
Il cardinale Tarcisio Bertone, ormai ex segretario di Stato, è camerlengo: in quanto tale è responsabile istituzionale della Sede vacante – quindi di numerosi aspetti organizzativi del conclave - ma non dei lavori del Sacro collegio. Quest'ultimo sarà presieduto in conclave da Giovanni Battista Re: il cardinale bresciano – ex potente capo della Congregazione dei vescovi – è il più anziano elettore fra i sei "cardinali vescovi", cioè il più onorifico fra i tre "ordini" formali del collegio. Questo comprende anche un centinaio abbondante di "presbiteri" (formalmente titolari di una parrocchia romana) e una settantina di "diaconi". Sono questi ultimi i discendenti dei "cardinali di palazzo" del passato e mantengono in conclave storiche funzioni protocollari: il "protodiacono" (il francese Jean Louis Tauran) sarà addetto all'annuncio dell'«habemus papam»; i più giovani per nomina dovranno occuparsi, al termine degli scrutini, della stufa che emette la famosa fumata bianca o nera dal comignolo della Sistina.

Durante l'ultima sede vacante Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e poi eletto papa, è stato il protagonista assoluto del pre-conclave. Segretario di stato, nel 2005, è Sodano, ma l'incarico di camerlengo è in capo a un diverso curiale: lo spagnolo Eduardo Martinez Somalo, che lascia per intero la scena al veterano tedesco della Santa sede. È quest'ultimo a celebrare la "Missa", chiudendo un memorabile ciclo di discorsi pubblici, piattaforma alla sua elezione: prima le riflessioni del Venerdì santo (« Via la sporcizia dalla Chiesa») come supplente di Papa Wojtyla già gravemente malato; poi il discorso «L'Europa nella crisi delle culture» all'Abbazia di Montecassino, la sera prima che Giovanni Paolo II spiri; e ancora l'omelia alle esequie («Il Papa ci benedice affacciato alla Casa del Padre»). La mattina del 18 aprile – dopo aver presieduto tutte le congregazioni generali - pronuncia un'omelia finale severissima, richiamando la Chiesa a fronteggiare la «dittatura del relativismo». Alla sera, dopo il primo scrutinio in Sistina, il decano è già in testa con una cinquantina di voti: il giorno dopo diventa Papa Benedetto XVI al quarto scrutino con 84 voti: sette in più del quorum fissato in un conclave con 115 elettori.

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