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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 11:07.

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Comunque sia, sta di fatto che alla frase segue un commento esplicito dell'evangelista che attesta un dato noto ai suoi lettori: «Questo gli disse per indicare con quale morte Pietro avrebbe glorificato Dio» (21, 19). Frase analoga a quella che Giovanni aveva già usato per la stessa morte in croce di Gesù (12, 32-33). Pietro, quindi, morì martire e lo stesso appello finale di Cristo – «Tu seguimi» – conferma che il discepolo doveva portare la sua croce sulla via della donazione sacrificale secondo il famoso monito: «Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me» (Matteo 10, 38). A questo punto dobbiamo passare a un'altra tappa che cerca di rispondere alla domanda sull'ambito spaziale dove la vicenda umana di Pietro si è conclusa.
Sappiamo che negli Atti degli apostoli Luca, dopo aver descritto nel c. 15 il "concilio" di Gerusalemme, abbandona la figura di Pietro e punta la sua attenzione esclusivamente su Paolo che segue fino a Roma. Ora, è interessante notare che la Prima Lettera di Pietro contiene una particolare indicazione finale: «Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e che dimora in Babilonia» (5,13). È noto, anche attraverso l'Apocalisse, che "Babilonia" era spesso il simbolo usato per indicare la Roma imperiale. «Pietro, apostolo di Gesù Cristo» che scrive questa Lettera ai cristiani dell'Asia minore (1,1) si troverebbe, dunque, nella capitale. Quand'anche – come vuole qualche studioso – lo scritto fosse opera di un discepolo della comunità petrina, si attesterebbe ugualmente la convinzione diffusa di una residenza romana dell'Apostolo.

Eccoci, allora, alla terza tappa, quella della connessione del martirio di Pietro con la città di Roma. Certo, gli scritti neotestamentari, che – lo ripetiamo – parlano del martirio e del soggiorno romano di Pietro, non offrono al riguardo indicazioni. Ma non bisogna ignorare l'esistenza di documenti di poco posteriori agli eventi che confermano questo legame. Purtroppo, a causa dei limiti della nostra analisi, non possiamo che essere essenziali. Nella sua Lettera ai Corinzi, scritta verso l'anno 95, papa Clemente I ( lo fu dall'88 al 97), fa un esplicito riferimento al martirio romano delle due «colonne più elevate» della Chiesa (5, 2-3). Siamo a pochi anni dopo i fatti e quindi era facile contestare questo dato che, invece, viene ormai considerato pacifico.
Anzi, un famoso storico della Chiesa del III-IV secolo, Eusebio di Cesarea, nella sua opera Storia ecclesiastica (2, 25, 1-8) cita lo scritto di un prete romano, Gaio, il quale attesta l'esistenza, già nel II secolo, di un "trofeo" nell'area vaticana in memoria della morte di Pietro (così come un altro era stato eretto sulla via Ostiense per Paolo) con l'iscrizione del nome dell'apostolo. Dal 1939 in avanti, attraverso varie prospezioni archeologiche nei sotterranei della Basilica di San Pietro, sono state individuate tracce di questa antichissima memoria, anche attraverso iscrizioni in greco del nome di Pietro e graffiti devozionali con invocazioni all'apostolo. Al di là della conferma, sempre da assumere con molta cautela, offerta dagli scritti apocrifi cristiani (ad esempio, gli Atti di Pietro), rimane quindi un'attestazione – fiorita nei primi decenni della vita della Chiesa, e documentata nell'arco di tempo immediatamente successivo – non solo della presenza di Pietro a Roma ma anche del suo martirio nella stessa città.

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