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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 07:09.

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Il Pd ha fatto un balzo in avanti e ha messo per la prima volta in streaming (su Youdem tv) la diretta della direzione del partito. I contatti hanno premiato, oltre 2 milioni di richieste di accesso, ma qualche critica dalla rete è arrivata. Per gli interventi di alcuni dirigenti. Nel mirino dei simpatizzanti su web (su Facebook nella pagina del Pd) c'è Massimo D'Alema «che ancora detta l'agenda del Partito: vuole abbracciare il Cavaliere come se non gli bastassero i danni della bicamerale», ma ci sono anche Renzi (accusato di «incoerenza» sulla politica delle alleanze) e Bersani («devi essere più radicale nelle proposte sulla moralità pubblica»). Poi ci sono messaggi per Beppe Grillo, Mario scrive: «Se vuoi entrare nella..storia ti conviene convergere verso il Pd», e Claudio: «il M5S avrebbe l'occasione di mandare in porto la maggior parte del programma immediatamente e quindi aiutare subito il Paese». Ma c'è pure chi dice di non fidarsi di Grillo.

Anche il Movimento 5 Stelle aveva trasmesso su LaCosa, web chanell del blog di Beppe Grillo, l'assemblea degli eletti al Parlamento. Ma il segnale, per sovraccarico o inadeguatezza della linea utilizzata, andava e veniva.
I democratici vogliono rendere evidente come lo schema si sia ribaltato. Lo ha detto Pier Luigi Bersani in conferenza stampa: «Non ci sono trattative sotteranee, ci stiamo mettendo davanti al Paese. Con un cambio di metodo, oltre che di contenuti».
Bersani spera in quei parlamentari grillini che arrivano dal centrosinistra, vicini alle posizioni di Giustizia e Libertà.

È sulla trasparenza che il segretario Pd sfida Grillo. Al quale dice sì alla discussione sul finanziamento ai partiti a patto che il leader grillino sia disposto a discutere anche di trasparenza, democrazia interna e codici etici.
Il comico per ora non risponde alla sfida, ma sul suo blog ha da poche ore scritto che nel movimento gli autorizzati a parlare sono soltanto i capigruppo di Camera e Senato e ha attaccato i media, in particolare i conduttori televisivi, per il «lavoro di sputtanamento» nei confronti del M5S. Per Grillo «l'accanimento delle tv ha raggiunto limiti mai visti» e cita «il folle assalto all'albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S».

In questi giorni nel movimento è scoppiato il caso di Matteo De Vita che, iscritto ad un Meet Up (il forum usato dai Cinque Stelle per comunicare) il 24 febbraio, ha partecipato in collegamento da Bari come attivista grillino alla trasmissione di Barbara D'Urso su Canale 5. De Vita «non rappresenta nessuno se non sé stesso», ha scritto sul blog di Beppe Grillo il giornalista e attivista del movimento Matteo Incerti, accusando la tv di Mediaset di aver fatto «fare una pessima figura al MoVimento 5 Stelle». Ma già subito dopo il voto c'era stato un caso analogo: dalla rete era partita una polemica per una presunta attivista che secondo il movimento nulla aveva a che vedere con i grillini. In quei giorni infatti Viola Tesi aveva lanciato su web una petizione che aveva raccolto un buon numero di sostenitori perché Grillo rivedesse la sua posizione dando fiducia al «Governo per cambiare l'Italia». Poche ore dopo era nata una contro-petizione di segno opposto lanciata da Fabio Martina. E il blogger Claudio Messora aveva parlato di «strumentalizzazione giornalistica orchestrata dalla vecchia politica».

Contro i media Beppe Grillo ha rincarato la dose in un'intervista a Time nella quale sostiene che «in Italia peggio dei partiti sono i giornali nazionali», in particolare «quelli che formano la pubblica opinione, sette televisioni e tre quotidiani, fanno parte del sistema».
Reagisce la Federazione della Stampa, il sindacato dei giornalisti, il cui segretario, Franco Siddi parla di «espressioni e atteggiamenti da oligarchi di regime, che non possono essere scambiati come semplici espressioni di chi vuole reali cambiamenti in termini di moralità pubblica e autorevolezza delle istituzioni». E Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, sottolinea che non ci sarebbero «folli assalti» di giornalisti «se fosse possibile avere colloqui civili con chi rappresenta una forza politica importante».

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