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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2013 alle ore 17:02.

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(Ansa)(Ansa)

Lo studio sulle spese del Pd e sui compensi di alcuni dirigenti voluto da Matteo Renzi, per ora non confermato ma nemmeno smentito dal rottamatore, è l'oggetto di una nuova polemica tra il sindaco di Firenze e (alcuni) democratici. Un rapporto che fa le pulci a tutti, con un lungo elenco di nomi dei quali sono precisati retribuzione ed eventuali costi degli alloggi sostenuti dal partito.

Matteo Orfini (tra i "dossierati") si dice certo di una smentita da parte di Matteo Renzi. E precisa che, nel suo caso, non ci sono «case pagate dal partito, rimborsi, contratti paralleli». «Ogni mattina - racconta il responsabile cultura e informazione del Pd - vado a lavorare con la metro b1 (no, non mi faccio rimborsare il biglietto). Quando viaggiamo per lavoro lo facciamo in seconda classe e, se possibile, con voli low cost». E ora da parlamentare «non percepirò più lo stipendio dal partito a cui lascerò parte della mia indennità».

Rosy Bindi chiarisce che «nessuno dei miei collaboratori, compresa la portavoce, é mai stato dipendente del Pd o di altri partiti». E in merito a quanto scritto sul rapporto dei renziani dal Corriere della Sera, la presidente Pd annuncia una querela per diffamazione. «Ho sempre provveduto - sottolinea Bindi - con le mie indennità e alcuni hanno fatto parte degli staff previsti dagli incarichi istituzionali che ho ricoperto, avendone le competenze, le professionalità e i requisiti richiesti».

Il sindaco sullo studio sulle spese del Pd tace. Ma parla del suo ex camper per le primarie, che oggi è stato venduto per 30 mila euro a StartupItalia. Il ricavato della vendita è stato donato da Renzi alla fondazione Tommasino Bacciotti, che lavora con il reparto neurologico dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze.
Sulla questione interviene invece Simona Bonafè, neo deputata Pd e stretta collaboratrice di Matteo Renzi durante le primarie: «Quella che per qualche neo parlamentare é un'attività di dossieraggio per noi é una semplice battaglia politica a viso aperto». Anche perché, ricorda Bonafé «abbiamo proposto che tutte le spese di tutti i partiti siano rendicontabili voce per voce e fattura per fattura online», e «chiesto la massima trasparenza su questi temi». Roberto Reggi intanto dice (in un'intervista) che il Pd deve ai cittadini «maggior chiarezza», anche sui rimborsi elettorali. È vero, spiega Reggi, che il tema è compreso tra gli otto punti approvati all'unanimità, «se ne parla ma collegando la questione a una legge sul finanziamento pubblico, di cui non è chiaro l'obiettivo finale».

Che il candidato del futuro sarà lui (Renzi) «lo sanno tutti», dice Pippo Civati. E ammette: «Francamente non vedo altre possibilità in giro» però, dice Civati riferendosi al sindaco di Firenze, «penso che sia un po' presto per assumere certi toni da candidato premier in pectore». È sbagliato, secondo l'esponente Pd, escludere che Bersani possa formare un governo perchè il passaggio «è scivoloso». Anche in questo caso il riferimento è al rottamatore che, parlando a Che tempo che fa da Fabio Fazio si era detto non ottimista su questa possibilità.

Intanto sul Financial Times Wolfgang Munchau (che poche settimane prima del voto di Monti aveva scritto «non è l'uomo giusto per governare l'Italia») invita i vecchi partiti, se «vogliono governare» a «trovare un modo di essere parte del cambiamento». La soluzione, scrive Munchau, potrebbe essere una consegna del potere «a una nuova generazione di leader, tra i quali Matteo Renzi». Perché in caso di nuove elezioni, sostiene Ft, «Grillo potrebbe avere la maggioranza assoluta. E in quel caso, la permanenza dell'Italia nell'Eurozona potrebbe non essere garantita a lungo». La migliore soluzione, prosegue Wolfgang Munchau, «potrebbe essere che Bersani e Silvio Berlusconi passino la mano a una nuova generazione di leader. Questo potrebbe arrestare l'avanzata di Grillo».

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