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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 19:00.
L'ultima modifica è del 20 marzo 2013 alle ore 14:07.

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Il presidente della Camera Laura Boldrini. (LaPresse)Il presidente della Camera Laura Boldrini. (LaPresse)

Camera e Senato insieme per abbattere i costi della politica. A cominciare da soluzioni "fai da te": il presidente della Camera e quello del Senato sono pronti a tagliarsi lo stipendio del 30%. Una misura che - facendo qualche calcolo - potrebbe far risparmiare 59mila euro per ramo del Parlamento, per totale di 118mila euro. Intanto la tensione a Montecitorio aumenta, dopo l'annuncio di Laura Boldrini di voler convocare i sindacati dei dipendenti, per operare un taglio anche sui loro stipendi.

Boldrini: uso sociale per i soldi sottratti allo stipendio
L'offensiva "bipartisan" lanciata da Laura Boldrini e Pietro Grasso, freschi di nomina, è stata delineata ieri in occasione della prima conferenza dei capigruppo. A margine dell'incontro avuto oggi con Giorgio Napolitano, Boldrini ha ricordato che i soldi sottratti dallo stipendio «andranno a un uso sociale». «Spero - osserva - che chi ha incarichi istituzionali faccia lo stesso e mi pare di capire che ci sia una buona disposizione da parte dei partiti». Il tutto perché, ha sottolineato la presidente della Camera, questa volta su twitter, «né io né Grasso apparteniamo alla casta: siamo persone normali, come il 99% degli italiani». Grillo attacca: si parla di riduzione del 30% dello stipendio, ma - si chiede il leader di M5s - di quale stipendio? E chiede lo stop ai rimborsi elettorali.

Il leader di M5s a Boldrini-Grasso: dimezzatevi lo stipendio
«Boldrini e Grasso possono rinunciare all'indennità di carica e dimezzarsi l'indennità da parlamentare - scrive sul blog -, come dei veri cittadini a 5 Stelle, ed essere d'esempio a tutti i parlamentari». Quando parlano di una riduzione del 30% dello stipendio, osserva ancora Grillo, la domanda è: «ma quale stipendio? Di quello da parlamentare o dell'indennità aggiuntiva per i presidenti di Camera e Senato? Non è spiegato, ma è un dettaglio importante che i cittadini devono conoscere».

Meno 59mila euro allo stipendio del presidente della Camera
Ma quanto guadagna, ad esempio, un presidente della Camera? Un calcolo, per quanto approssimativo, si può fare. L'indennità parlamentare è di 5mila euro al mese, per 12 mensilità. Totale: 60mila euro. C'è poi la diaria, il rimborso delle spese di soggiorno a Roma: 3.503,11 euro. Anche qui, moltiplichiamo l'ammontare per 12: siamo sui 42mila euro. È la volta del rimborso delle spese per l'esercizio del mandato: 3.690 euro, in un anno oltre 44mila e 200 euro. Non solo: il Presidente della Camera percepisce 4.223,83 euro (nette) come indennità di ufficio (è l'indennità aggiuntiva, a cui ha fatto riferimento l'ex comico): per 12 mesi sono oltre 50mila e 600 euro. Infine c'è l'assegno di fine mandato, pari all'80% dell'indennità parlamentare lorda mensile per il numero di anni di mandato. Questo assegno, tuttavia, è interamente finanziato dai contributi versati dai deputati in un apposito fondo (pari a 784,14 euro mensili), che provvede al pagamento degli assegni, senza alcun contributo a carico del bilancio della Camera (pertanto, il Fondo può essere assimilabile ad un fondo di natura assicurativa). L'assegno di fine mandato corrisposto ai deputati che hanno esercitato il mandato parlamentare nella sola XVI legislatura è pari a 46.814,56 euro. Tirando le somme, un presidente della Camera guadagna all'anno circa 196mila 800 euro (l'ultimo presidente, Gianfranco Fini, ha dichiarato per il 2011 oltre 201mila euro). Applicando la soluzione anticipata da Boldrini (meno il 30% dello stipendio), il taglio sarebbe di 59mila euro: il presidente della Camera guadagnerebbe così oltre 137mila e 800 euro all'anno. Un discorso analogo si potrebbe fare sugli emolumenti del presidente di Palazzo Madama. Ricordando che il presidente del Senato, Renato Schifani, in base alla dichiarazione dei redditi 2011, ha dichiarato un reddito imponibile di 223.939 euro.

L'obiettivo: sforbiciare del 30% i costi del Parlamento
I due presidenti hanno annunciato che, oltre a quella sui rispettivi emolumenti, un'analoga sforbiciata sarà proposta «per i titolari delle altre cariche interne in tema di indennità di ufficio e di altre attribuzioni attualmente previste, alcune delle quali potrebbero essere del tutto soppresse, quali ad esempio i fondi per spese di rappresentanza». In particolare, il duo Boldrini-Grasso propone una riduzione dei costi del Parlamento almeno «per un importo complessivo del 30%». L'obiettivo è quello di ottenere un risparmio graduale fino al 50 per cento. Si tratta ora di capire quali voci è possibile colpire per ottenere questo risultato.

Tagli ai costi della politica, deputati e senatori già nel mirino
In realtà gli interventi proposti ieri dal presidente della Camera e da quello del Senato si inseriscono in un procedimento di alleggerimento dei costi della politica che già da tempo, sulla spinta degli scandali (e della conseguente "mobilitazione" dell'opinione pubblica) ha preso il via, anche se - le ultime dichiarazioni di Boldrini-Grasso lo dimostrano - su questo fronte c'è ancora da fare. Per quanto riguarda Montecitorio, ad esempio, già a inizio 2012 l'ufficio di presidenza aveva intrapreso la strada di un contenimento dei costi, prevedendo una sforbiciata di 1.300 euro lordi per le indennità (più un ulteriore taglio del 10% per chi è titolare di una carica istituzionale: presidente della Camera, vicepresidenti, deputati questori, segretario di presidenza, presidenti e membri degli uffici di presidenza degli organi parlamentari). Anche i senatori sono stati oggetto di interventi per ridurre la spesa: dal 1 gennaio 2011, solo per ricordare l'operazione più recente, i rimborsi spesa forfettari sono stati ridotti di 1.000 euro al mese (500 euro decurtati dalla diaria di soggiorno e 500 dal contributo per il supporto dell'attività dei senatori).

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