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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2013 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 22 marzo 2013 alle ore 07:44.

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Cipro è una delle ragioni per desiderare che in Italia si formi subito un governo solido e autorevole in Europa. Il rischio di instabilità nell'area euro esige che l'economia italiana sia governata, ma il caso di Cipro impone soprattutto di difendere alcune vitali priorità italiane.

Nella soluzione cipriota sono coinvolti infatti equilibri geopolitici, approvvigionamenti di energia e soprattutto garanzie di contrasto dell'evasione fiscale e del riciclaggio del denaro sporco che restano grandi incompiute della legislazione europea. Su tutti questi tavoli un governo italiano ha interessi fondamentali da difendere e deve essere in grado di sedersi autorevolmente e senza indulgenza.

È infatti naturale sentirsi solidali con i cittadini di Cipro, ma è davvero difficile avere simpatia per il modo in cui hanno gestito la loro economia. Il 12 dicembre scorso il governatore della Banca centrale di Nicosia paragonò le banche del suo paese a dei casinò. Le sole perdite accusate speculando sui titoli greci erano pari al 25% del pil. Ma un sistema di fitta oscurità fiscale e regolatoria, difeso dal governo, ha continuato ad attrarre da Mosca, da Londra e dalla stessa Grecia, capitali di incerta origine in cerca di riparo dalle tasse e dalle norme anti-riciclaggio. I soli capitali affluiti dalla Russia sono pari al 125% del pil di Cipro e il fatto che oggi Nicosia cerchi aiuto a Mosca, anziché accordarsi con Bruxelles, non può aumentare la solidarietà degli europei.

Cipro deve scegliere se il suo modello sociale è di tipo europeo oppure se vuole continuare a essere anche in futuro il centro finanziario offshore della Russia. Se sceglierà la cooperazione europea, vincolerà anche altre capitali europee, tra cui Londra, Lussemburgo e Vienna, a essere meno ambigue e più trasparenti nella circolazione dei capitali.

Fino a pochi mesi fa l'aiuto europeo a un paese in difficoltà era condizionato all'adozione di un piano di riforme. O, come dicono i tedeschi, allo scambio tra «solidarietà e solidità».

Nel caso di Cipro si è aggiunto un nuovo elemento: l'aiuto è condizionato al fatto che i cittadini contribuiscano alla riduzione del loro debito pubblico. Ai dieci miliardi prestati dai partner i ciprioti devono affiancare 5,6 miliardi per mantenere il debito sotto il 140% del pil.

La proposta che ciò avvenisse attraverso un prelievo forzoso su tutti i depositi bancari era sbagliata. Tuttavia se dovesse essere applicata un'aliquota del 15% ai soli depositi sopra i 100mila euro, porterebbe il rendimento 2008-2013 dei conti ciprioti esattamente in linea con il rendimento di un conto italiano nello stesso periodo.
In un certo senso gli elevati rendimenti dei depositi ciprioti tenevano conto del rischio che si è manifestato in questi giorni. La tassa dunque non rappresenterebbe una confisca vessatoria.

Come è già stato notato, d'altronde, sarebbe davvero difficile spiegare al cittadino italiano che deve pagare tasse più elevate, per oltre un miliardo di euro, per ricapitalizzare le banche cipriote in modo che queste possano continuare ad attrarre capitali di dubbia provenienza.

Il giudizio morale è rilevante per la decisione politica, ma non è tutto. Una ragione dei ritardi negli aiuti alla Grecia fu la sfiducia nei confronti dei governi di Atene che avevano falsificato i conti pubblici. Allora il pregiudizio morale non fu buon consigliere, i ritardi aggravarono la crisi a tal punto da contagiare tutta l'euro area.

Oggi il governo tedesco si mostra intransigente al punto di considerare che Cipro, contrariamente a quanto ritiene l'euro-gruppo, non sia «rilevante per il sistema», il suo fallimento cioè non causerebbe contagio. L'intransigenza tedesca è più forte perché ogni aiuto va votato dal Parlamento e a pochi mesi dalle elezioni federali è difficile essere generosi usando i soldi degli elettori. Tuttavia se Berlino sbaglia, e se cioè da Cipro proviene contagio, l'Italia può pagare un prezzo molto più elevato di quello tedesco.
Piaccia o non piaccia, l'Italia è un paese in prima linea nel caso di Cipro: è esposta al rischio di contagio nell'area euro, ha un'elevata dipendenza energetica dal l'estero, ha un'alta evasione fiscale anche attraverso canali esteri ed è impegnata nella lotta alle proprie organizzazioni criminali.

Per tutte queste ragioni l'Italia dovrebbe essere protagonista del negoziato di queste settimane. Assicurandosi che Cipro venga aiutata, ma che nel prezzo che Nicosia deve pagare ci sia anche la fine dei nascondigli fiscali e delle oscurità nei movimenti di capitale, non soltanto a Cipro ma in tutta l'area economica europea.
E' ironico osservarlo proprio alla fine del governo Monti, ma per influenzare la trattativa europea sarà necessario un governo che abbia la stessa autorevolezza europea.

cbastasin@brookings.edu

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