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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2013 alle ore 15:32.

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(Corbis)(Corbis)

Per i viticoltori italiani è tornata la redditività. Che il settore del vino made in Italy rappresenti ormai una isola ottimistica nel difficile panorama dell'economia italiana, è emerso con chiarezza nel corso della cerimonia di apertura del 47° Vinitaly di Verona, affollata come non mai. Ma è emerso anche dalle parole del ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, che ha tracciato un bilancio del settore (probabilmente l'ultimo della sua gestione) e delle misure varate con la riforma Ue del vino del 2008.

Dal ministro Catania un bilancio positivo
«Rivendico con forza - ha detto Catania - le positive scelte effettuate con la riforma europea e per le quali l'Italia si è battuta strenuamente. In particolare non sono d'accordo con chi ha criticato (si veda Il Sole 24 Ore del 23 marzo 2013) il forte ridimensionamento della produzione in Europa parlando di un buco dell'offerta. In realtà, la riduzione degli impianti europei ha portato a un calo della produzione che ha riacceso i listini favorendo la redditività delle imprese. Allo stesso modo rappresentano risultati positivi la conferma del budget di risorse Ue che prevede a favore del vino italiano uno stanziamento di 337 milioni di euro l'anno fino al 2020. Una dotazione importante che ci consentirà di proseguire nell'importante azione di ristrutturazione del vigneto italiano. Investimenti che hanno consentito in dieci anni di cambiare il volto, fino ad allora obsoleto, delle nostre superfici vitate».

Positivo anche lo stop alla liberalizzazione dei vigneti
Fra le misure che il ministro uscente delle Politiche agricole giudica positivamente c'è pure lo stop alla deregulation dei vigneti. «La liberalizzazione che era prevista dalla riforma Ue è stata bloccata - ha spiegato - grazie alla vera e propria levata di scudi dei viticoltori italiani ed europei. Un cambio di marcia che consentirà ai produttori di mantenere inalterato il valore patrimoniale dei loro vigneti e al nostro paese di evitare una delocalizzazione delle superfici vitate verso altri paesi. Un'opzione che potuto avere pesanti ripercussioni per il territorio italiano».

Tuttavia non mancano le note critiche
Il positivo impatto delle decisioni assunte con la riforma Ue non deve però trarre in inganno. Ci sono alcune misure sulle quali bisognerà tornare. «Penso soprattutto all'importante budget stanziato per la promozione del vino sui mercati extra-Ue - ha proseguito Catania - e che finora non è sempre stato utilizzato nella maniera migliore. È importante che Stato e Regioni si siedano intorno a un tavolo per trovare le soluzioni in grado di garantire un efficace utilizzo delle risorse».

Da ripensare la scelta sui vini varietali
E infine secondo il ministro non manca qualche scelta che dovrà essere rivista profondamente. «Temo sia venuto il momento - ha aggiunto Catania - di rivedere in senso meno rigido le scelte sui vini varietali». Il riferimento è ai vini da tavola (cioè senza denominazione d'origine) ai quali la riforma del 2008 consente di indicare in etichetta il vitigno di provenienza e l'annata di produzione (indicazione che in passato era consentita solo ai vini Doc o Igt). Un'opportunità che però l'Italia ha di fatto depotenziato consentendola solo ai vini prodotti da vitigni internazionali come Merlot, Cabernet o Chardonnay e vietandola a vitigni made in Italy come ad esempio il Sangiovese. «Non si tratta di allentare il vincolo fra vitigno e territorio - ha concluso il ministro - che deve restare l'architrave del nostro sistema, ma semplicemente di riflettere se non sia possibile individuare in materia dei vini varietali soluzioni più flessibili e che non precludano ai produttori italiani nuove fette di business».

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