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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2013 alle ore 08:19.

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Coppa America: regata nel porto di Trapani del 2005 (Olycom)Coppa America: regata nel porto di Trapani del 2005 (Olycom)


Si stringe la morsa delle forze dell'ordine contro il numero uno della mafia, Matteo Messina Denaro. Stamattina è scattata una vasta operazione, denominata "Corrupti mores", della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, a Trapani, Roma, Milano, Gorizia e Pordenone. Con il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di oltre 30 milioni appartenenti a Francesco e Vincenzo Morici, imprenditori siciliani considerati molto vicini a Messina Denaro. Finisce sotto sequestro, tra l'altro, un cantiere con i lavori ancora in corso nel porto di Trapani. Tornano in evidenza le anomalie nelle forniture di opere per l'America's Cup realizzate nel capoluogo siciliano con la regata "Louis Vuitton act 8 e 9", che rientrava nei Grandi Eventi della Protezione civile. E riemerge, con nuovi dettagli, il presunto coinvolgimento del senatore Pdl Antonio D'Alì, chiamato in causa nelle carte giudiziarie da alcuni imprenditori, accusato di concorso in associazione mafiosa e in attesa a Palermo del processo con rito abbreviato.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal presidente del tribunale di Trapani, Piero Grillo. Proprio il 3 aprile Grillo aveva dato l'ok su richiesta della Dia alla confisca record da 1,3 miliardi per il "re dell'eolico", Vito Nicastri, considerato vicino a Messina Denaro. Oggi invece la misura di prevenzione è stata proposta dal questore di Trapani, Carmine Esposito, al termine del lavoro della divisione anticrimine della Ps, guidata da Giuseppe Linares: una serie di indagini societarie e patrimoniali svolte insieme alla Gdf comandata da Pietro Calabrese.

Francesco e Vincenzo Morici, di 79 e 50 anni, sono padre e figlio, lavorano nel settore edilizio, risiedono a Erice e sono al momento incensurati. Ma per gli investigatori appartengono al gruppo di imprenditori che Messina Denaro utilizza per condizionare gli appalti pubblici attraverso il boss Francesco Pace e prima ancora Vincenzo Virga. Un sistema ramificato, ricco di infiltrazioni insospettabili: linfa preziosa per il potere del numero uno di Cosa nostra, che oggi subisce un parziale arresto. In questo caso ci sono dichiarazioni di imprenditori indagati, come Antonino Birrittella e Tommaso Coppola, così come intercettazioni e riprese di incontri tra Francesco Morici e Coppola, considerate decisive dalle forze dell'ordine. I lavori di ristrutturazione del porto di Trapani tra il 2001 e il 2005 sono controllati da Cosa Nostra: tramite i Morici l'impresa che si aggiudicava – in modo illecito – l'appalto versava denaro a funzionari pubblici corrotti e alla famiglia mafiosa trapanese.

Il quadro è descritto nelle 703 pagine della richiesta di sequestro del questore Esposito. La turbativa d'asta, il falso e la corruzione erano messe in atto dagli imprenditori, secondo l'analisi investigativa, con l'assenso del reggente del mandamento, Pace, a sua volta autorizzato espressamente da Messina Denaro. L'appalto ghiotto è quello per i moli e le banchine a ponente del porto, 46 milioni di euro, in occasione della Louis Vuitton Cup, vinto da un'ati (associazione temporanea di imprese) tra cui la Coling di Morici. Birrittella raccontò nel 2006 alla Dda di Palermo di un dialogo con Vincenzo Morici: "Per il rapporto che mio padre (Francesco Morici, n.d.r.) ha con il senatore D'Alì puoi star certo che l'appalto sarà aggiudicato a noi". Birrittella inoltre rivela che l'ingegner Peyron della Sidra, grande azienda dell'ati vincitrice dell'appalto, si lamentò con lui del Morici dicendo: "Questo è un regalo del senatore D'Alì". Nei lavori di riqualificazione della litoranea Nord di Trapani, poi, ci sono stati frodi e irregolarità gravi: fino al punto di danneggiare l'arco di Porta di Botteghelle, edificio di interesse storico del XIII secolo. Ai Morici oggi è stato sequestrato tutto e di certo Messina Denaro non potrà più contare su di loro per un pezzo.

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