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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 13 aprile 2013 alle ore 11:45.

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Nessuno in Europa parla di Italia, di sicuro però tutti la pensano, in questi giorni di persistenti incertezze politiche a Roma sulla sfondo di crescenti tensioni economiche e sociali. Ufficialmente non ne hanno parlato neanche i ministri dell'Eurogruppo riuniti ieri a Dublino. Ma, a domanda, il suo presidente, l'olandese Jeroen Dijsselbloem, ha risposto deciso: «Spero, come credo tutti i miei colleghi, che l'Italia abbia un governo al più presto ma questo è ovvio». Sarà ovvio ma forse non per tutti in Italia.
In un momento di fragilità diffuse nella moneta unica, il linguaggio diplomatico copre preoccupazioni europee molto reali sulle prospettive a breve di recupero di stabilità, competitività e crescita della terza economia dell'euro in balia ormai da quasi due mesi dell'incapacità della sua classe politica di dotarla di un nuovo Governo.
Per ora i mercati restano tolleranti ma nessuno si illude che la tregua possa durare all'infinito senza segnali costruttivi e concreti: da parte dell'Italia come di tutti i paesi in difficoltà. E così la governance dell'euro pare essersi ridotta a una corsa senza fine per spegnere gli incendi, tappare le falle che si aprono un po' dovunque nel sistema.
Da Dublino ieri è partita una serie di messaggi che si vogliono rassicuranti e positivi per l'immagine di un'Europa che vede e provvede per tutti, anche se a rilento e spesso controvoglia. Cipro ha ottenuto il via libera dell'Eurogruppo all'accordo sugli aiuti, 9 miliardi dall'Esm e 1 dall'Fmi. Irlanda e Portogallo hanno incassato l'agognato allungamento (7 anni) della maturità dei rispettivi prestiti. Accordo politico sulla supervisione bancaria unica. Per la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell'Esm si punta, ha annunciato Dijsselbloem, a un accordo in giugno.

La frammentazione del mercato finanziario europeo sta regredendo e gli indicatori di liquidità migliorano, ha sottolineato il presidente della Bce Mario Draghi.
Accanto a qualche problema risolto, c'è però la lunga lista di quelli aperti, per i quali la soluzione non si annuncia né chiara né dietro l'angolo.
Le buone notizie per Cipro si accompagnano a quelle pessime: i 17,5 miliardi di aiuti preventivati non basteranno a ristabilizzare l'economia, ce ne vorranno almeno 23. Siccome l'Europa non intende dare più dei 9 milioni autorizzati, Nicosia dovrà sbrogliarsela da sola non per i 7 previsti bensì per 13 miliardi, quasi il doppio. Con un Pil da 17,5 miliardi nel 2012 che quest'anno cadrà del 15%, come e dove reperire le nuove risorse?
Sulla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell'Esm come sull'unione bancaria, essenziale per rompere il legame perverso tra crisi degli istituti di credito e debito sovrano, il cammino appare sempre lungo e accidentato. E non è escluso che alla fine la montagna partorisca un topolino. Nonostante la Slovenia con il settore bancario in crisi si prepari a diventare il sesto paese euro a battere aiuti.

«L'Esm è uno strumento di emergenza che entra in gioco quando un paese non è in grado di gestire il problema da solo. Ma il sostegno che darà non sarà illimitato» spiega, dietro garanzia di anonimato, un alto responsabile europeo. A conferma che la vicenda Cipro sarà il modello per eventuali accordi futuri, nonostante le smentite di circostanza. Ogni paese dovrà aiutarsi quanto più possibile da solo contando al minimo sulla solidarietà dei partner.
Se questo è lo spirito che anima i negoziati, le loro "technicalities" (retroattività, debiti pregressi, criteri di eligibilità, etc) sono destinate a diventare altrettanti alibi per tirarli in lungo: di certo oltre il 22 settembre, data delle elezioni tedesche. Se ci sarà, quello di giugno sarà un accordo politico, precisa un addetto al dossier. In gergo significa altri mesi di confronti e scontri prima dell'accordo definitivo.
In questo panorama di precarietà permanente, di squilibri di interessi intra-europei difficili da superare, la "bomba" dell'instabilità politica italiana non può e non deve scoppiare. L'Europa spera di esorcizzare il suo incubo stando alla finestra in ansia ma in sostanziale silenzio. L'Italia non ha tempo da perdere, perché è proprio il tempo dell'euro a remarle contro promettendole di non farle nessuno sconto.

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