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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2013 alle ore 15:55.

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In un quadro decisamente fosco e tutto da delineare, c'è una certezza assoluta sulla vita di Luigi Preiti: il 49enne che ieri ha sparato davanti a Palazzo Chigi ferendo due carabinieri non ha nulla a che fare con la ‘ndrangheta. E non è un dettaglio insignificante, se vieni da un posto come Rosarno e impugni una pistola. Nessuna denuncia, nessun legame con le famiglie che da sempre egemonizzano il territorio.

Preiti, da Rosarno (la terra dei Pesce-Bellocco) era partito ventenne, in compagnia del fratello. Destinazione obbligata, per certi treni che partono dalla Calabria: il Nord del lavoro e della speranza. Era arrivato in Piemonte giovanissimo. E aveva saputo fare i conti con l'emigrazione. Come il padre, del resto, che durante la sua adolescenza non c'era mai, bloccato in Germania dal lavoro.

In un piccolo paese alle porte di Alessandria, la storia del 49enne rosarnese è uguale a mille altre di meridionali al Nord: una piccola impresa edile da mandare avanti, una moglie (dalla quale si separerà), un figlio. Una vita normale, insomma. Poi la crisi, i debiti, una vita che progressivamente va a rotoli. Trova un'altra compagna, ma si separa nuovamente. Crisi economica e solitudine lo perseguitano. E poi quel maledetto vizio del video poker che gli ha rovinato la vita.

Da un paio d'anni era tornato a Rosarno, per vivere insieme agli anziani genitori. Una piccola casetta, ampiamente perquisita dai carabinieri nelle ultime ore, che ieri ha catalizzato l'attenzione degli abitanti del grosso centro reggino. Gli stessi che lo descrivono come una persona normalissima, che di recente faceva qualche lavoretto saltuario. Tirava a campare, prima della follia di ieri a Roma.

Sabato mattina, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Preiti ha lasciato Rosarno a bordo della sua Peugeot 307. Ha percorso una manciata di chilometri, quanti ne occorrono per raggiungere Gioia Tauro. Qui, in via Torino, ha parcheggiato e s'è diretto alla stazione ferroviaria. Poi un treno per Roma e una notte, probabilmente insonne, trascorsa in una pensioncina anonima nei pressi della stazione Termini. Domenica mattina, pistola in tasca, s'è diretto a Palazzo Chigi per portare a termine un piano che presumibilmente aveva pianificato da tempo. Da quanto tempo e perché, rimangono gli interrogativi più pesanti di una drammatica domenica italiana.

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