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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2013 alle ore 15:17.

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ROMA - «L'altra volta la Cassazione ha negato a Silvio Berlusconi il diritto di partecipare all'udienza sulla rimessione, in contrasto con la sua precedente giurisprudenza; perciò ora chiediamo alla Corte di dare la parola alle Sezioni unite: che siano loro a stabilire se l'imputato ha o no questo diritto. Se non vogliono farlo e continuano a impedirgli di partecipare, allora noi diciamo che le norme sono incostituzionali perché ledono il diritto di difesa e chiediamo che tutto sia mandato alla Consulta».

Così Nicolò Ghedini, che con Piero Longo difende Berlusconi, spiega al Sole-24 Ore le prossime mosse davanti alla Cassazione, che domani (oggi ndr) si riunisce per decidere sull'istanza di rimessione da Milano a Brescia dei processi Ruby e Mediaset-diritti tv, presentata da Berlusconi per il «legittimo sospetto» che vi sia un'«ostilità» degli uffici giudiziari milanesi nei suoi confronti. Prima di entrare nel merito, però, la suprema Corte dovrà pronunciarsi su queste due nuove richieste: rinvio alle Sezioni unite o, in subordine, alla Consulta, per stabilire se l'imputato ha il diritto di partecipare e di essere ascoltato. La volta scorsa (il 18 aprile), la Corte lo aveva escluso, tranne che per gli avvocati-parlamentari. I quali, essendo impegnati nelle votazioni per il Quirinale, erano però «legittimamente impediti» a comparire. Di qui il rinvio a domani. Con la difesa che torna all'attacco sulla presenza di Berlusconi al Palazzaccio.

«Se la Corte dovesse ripensarci e riconoscere che ha il diritto di essere presente, chiederemmo un termine ad horas per farlo comparire in udienza» assicura Ghedini, che per domani esclude «legittimi impedimenti» di imputato e avvocati nonché la presenza, nel collegio difensivo, del professor Franco Coppi. «Gli abbiamo chiesto di intervenire – ribadisce – solo nel processo Mediaset quando si arriverà in Cassazione». Dunque, c'è tempo. Quel processo, infatti, pur essendo a un passo dalla sentenza d'appello (in primo grado vi fu la condanna a 4 anni di carcere e a 5 di interdizione dai pubblici uffici) è bloccato (dal 23 marzo) proprio in attesa del verdetto della Cassazione sul «legittimo sospetto» (stessa sorte è toccata, dal 25 marzo, al processo Ruby). E dopo quasi un mese e mezzo, si prospetta un ulteriore rinvio. Se domani la suprema Corte si pronuncerà nel merito, rigettando l'istanza, i processi riprenderanno (salvo rallentamenti dovuti a "compatibilità politiche" che, per quanto non contemplate, sono diventate motivo di rinvio). Se però dovessero essere accolte le due nuove richieste della difesa, i tempi del verdetto finale della Cassazione si allungherebbero: di 20/30 giorni, se il fascicolo passasse alle Sezioni unite (presiedute dal nuovo presidente che il Csm nominerà mercoledì prossimo: o Luigi Rovelli di Md o Giorgio Santacroce di Unicost); addirittura di mesi, se le carte fossero inviate alla Consulta. A cascata, si allungherebbero anche i tempi delle sentenze nei processi Ruby e Mediaset. E per Berlusconi sarebbe una boccata d'ossigeno non da poco.

Al di là della strategia dilatoria, la questione posta dalla difesa è, in teoria, "aperta". Effettivamente, nel 2005 la Cassazione disse che l'articolo 48 del Codice di procedura andava letto riconoscendo all'imputato il diritto di partecipare al giudizio sulla rimessione, diverso da quello ordinario davanti alla Corte perché è un giudizio sul «fatto» e perché l'iniziativa spetta direttamente all'imputato. Di qui il suo diritto di essere presente e ascoltato sui fatti. È anche vero, però, che poi la Cassazione ci ha ripensato ed è a quest'ultima decisione che si è uniformato, il 18 aprile scorso, il collegio presieduto da Giovanni De Roberto (Giacomo Paoloni, Domenico Carcano, Arturo Cortese). Difficile, dunque, contraddirsi nel giro di 18 giorni, anche se non impossibile se vengono prospettate nuove argomentazioni.

Su questo punta Ghedini, secondo cui «la sentenza del 2005 è chiarissima»; e poiché la successiva ordinanza della Corte «è difforme», spetta alle Sezioni unite decidere. Altrimenti ci sarebbe una lesione del diritto di difesa, tutelato dalla Costituzione e dalla Convenzione di Strasburgo. Il verdetto della Cassazione è previsto nella serata di domani.

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