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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2013 alle ore 11:53.

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Il governo cinese sta effettuando operazioni di cyber spionaggio per rubare informazioni dal Dipartimento della Difesa americano e dalle aziende del settore militare e hi-tech. Un'accusa non nuova che ha visto recentemente esprimersi in tal senso anche il presidente Barack Obama ma che è stata confermata dal rapporto annuale sulle capacità militari cinesi (ai tempi della Guerra Fredda un rapporto analogo riguardava la potenza militare sovietica) che il Pentagono ha presentato ieri al Congresso.

"La Cina sta usando le sue reti di computer per sostenere la propria intelligence a danno della diplomazia, dell'economia e del settore della difesa americani", sostiene il rapporto che evidenzia come il 90 per cento degli attacchi informatici e delle operazioni di cyber spionaggio registrati negli Stati Uniti nel 2012 provengano dalla Cina e in particolare "alcuni di questi sono attribuibili direttamente al governo e alle forze armate cinesi".

Il rapporto, intitolato "Military and Security Developments Involving the People's Republic of China 2013
valuta che l'obiettivo primario dello spionaggio informatico cinese sia sottrarre tecnologia e conoscenza ma sostiene anche che molte intrusioni puntano a raccogliere informazioni sulle analisi e le valutazioni dei think tank e degli organismi politici e decisionali statunitensi. La mole di informazioni raccolte in questo modo può consentire a Pechino di costruire una mappa delle reti di gestione politica, industriale, militare e infrastrutturale degli Stati Uniti di grande rilievo strategico in caso di crisi.

Il New York Times sottolinea la durezza del rapporto del Pentagono che, contrariamente alle cautele che hanno caratterizzato la posizione della Casa Bianca su questo tema, accusa direttamente il governo cinese di condurre attacchi cyber contro gli Stati Uniti che peraltro sono all'avanguardia in questo settore come dimostrano anche i successi conseguiti con gli attacchi informatici effettuati contro l'Iran per ritardare lo sviluppo del programma nucleare (virus Stuxnet).
Recentemente il direttore della National Security Agency, il generale Keith Alexander, che è anche comandante del Cyber Command, ha detto al Congresso che di aver costituito oltre una dozzina di unità cyber con compiti offensivi per portare attacchi alle reti informatiche di altri Paesi. Come tutti i sistemi d'arma, anche quelli informatici hanno potenzialità che possono esprimersi in ambito sia difensivo che offensivo ma il Pentagono dipinge le capacità cinesi come "molto sofisticate" e capaci di accecare i satelliti e colpire con la guerra elettronica i sistemi che gestiscono navi e comandi statunitensi. Un contesto di minaccia costante e reiterata paventata da Washington che rende però paradossale e inspiegabile la decisione del Pentagono (vedi articolo del 5 maggio) di utilizzare un satellite commerciale cinese Apstar-7 per le comunicazioni in banda larga delle forze statunitensi schierate in Africa.

Come ha ricordato il New York Times alcuni esperti sostengono che la minaccia cinese venga esagerata negli ambienti militari valutando che, a differenza di Iran e Corea del Nord, la Cina abbia troppi investimenti negli Stati Uniti per avere interesse a paralizzarli con un cyberstrike.
Il rapporto del Pentagono si occupa anche del potenziamento convenzionale delle forze armate cinesi: l'aumento del budget militare "reale" valutato tra i 135 e i 215 miliardi di dollari (contro i 115 del bilancio ufficiale), l'ingresso in servizio della prima portaerei Liaoning e i programmi per costruirne altre 15, la realizzazione degli aerei J-20 costruiti con tecnologie stealth cioè invisibili (in teoria) ai radar adottata anche per una nuova classe di navi da guerra. Un potenziamento che consente ai cinesi di esercitare una politica aggressiva nei confronti dei Paesi vicini come dimostrano le tensioni sorte intorno ai diversi arcipelaghi contesi in tutto il Pacifico Occidentale.

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