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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 14:24.

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A questo fenomeno, non si può non collegare una povertà sempre più diffusa, la concentrazione di enormi ricchezze in pochissimi, quell'uno per cento, oggi indicato come privilegiato da Manuel Castells (Reti di indignazione e speranza. Movimenti sociali nell'era di internet, Milano, 2012), rispetto a quel 99 per cento degli esclusi, vittime di ineguaglianze che mettono a repentaglio le stesse istituzioni politiche che, con la democrazia e il diritto, avevano finora accompagnato le varie fasi dello sviluppo del capitalismo.

Il "conflitto di interessi" che sembrava alla fine del secolo scorso costituire il vero malanno epidemico del sistema economico, si è oggi decisamente trasformato in un "conflitto di poteri" fra le grandi corporations e gli Stati, i quali vanno via via palesando in vari modi la loro sconfitta rispetto ai grandi gruppi societari multinazionali che li hanno superati, persino nella classifica delle maggiori economie mondiali. La sovranità degli Stati si è di fatto trasferita altrove e l'impotenza della politica ne è a sua volta sia la causa sia la conseguenza, quasi a confermare che ormai lo Stato - nazione, per conservare la propria sovranità come comunità politica, si deve chiudere al libero commercio con qualsivoglia altra comunità vicina. Così la descrisse già nel 1800 l'insigne filosofo J.G. Fichte (Die Geschlossene Handelstaadt), che pur forse aveva, come rilevò Benedetto Croce, «lo statalismo nelle ossa». Insomma, la globalizzazione equivarrebbe necessariamente alla perdita della sovranità statale. E questa perdita ha peraltro prodotto già in molti Paesi, come l'Italia, un esasperato conflitto di potere fra i vari organi dello Stato, dove o l'indifferenza o una sorta di dominio direttamente o indirettamente repressivo, ha stroncato attività imprenditoriali aumentando disoccupazione e disagio sociale.

A tutto ciò corrisponde poi una metodologia di fuga dell'economia globalizzata dall'effettività di un diritto applicabile solo all'interno dei confini dello Stato, in due modi che quello stesso diritto ha comunque legalizzato. Il primo, con la creazione di nuovi enti, dalle shadow banks, agli hedge funds, agli equity funds e ad altri ancora, che hanno ormai decisamente superato la dimensione delle attività dei sistemi bancari tradizionali vigilati. Il secondo, col moltiplicarsi di strumenti finanziari, spesso opachi, scambiati a velocità incontrollabili (high speed trading), che sfuggono a qualsivoglia possibilità di individuazione dei guadagni a fini di trasparenza e di tassazione.

Gli animal spirits keynesiani sono così sostituiti dagli algoritmi o in analogia, come già avevo osservato, da accreditate zingare che predicono il futuro con i tarocchi.
È così che il vincolo fra il potere politico e il diritto viene dissolto e il problema della legalità cede di fronte al potere economico delle multinazionali globalizzate, che si sottraggono agli obblighi del proprio ordinamento naturale applicando il cosiddetto "jurisdiction shopping" o "forum shopping" di cui Apple è il più recente esempio, per sfuggire alle imposizioni sugli utili.

La sola conclusione possibile è che poiché il problema della frode e dell'evasione fiscale è diventato mondiale, esso può essere risolto solo a livello globale, con la creazione di una autorità sovranazionale che abbia il potere di imposizione fiscale e di regolamentazione di molte attività economiche, secondo concrete soluzioni, che già sta predisponendo l'Ocse e da adottare dal G20. La questione che assume per il futuro dell'umanità la stessa importanza del problema del clima del pianeta e della difesa dei diritti umani, può trovare soluzione soltanto in quella auspicata da Immanuel Kant con lo Ius Cosmopoliticum, quel diritto cosmopolitico dello Stato universale, ripreso poi - coi modi suoi - nelle tesi della "civitas maxima" dal più grande giurista del secolo scorso, Hans Kelsen.

L'organizzazione della giustizia di ogni singola nazione deve oggi essere adeguatamente preparata a questa visione politica globale, predisponendo norme dell'ordinamento interno e accordi internazionali (ad iniziare, per quanto ci riguarda, con la Svizzera), che garantiscano in modo corretto già all'interno la lotta all'evasione fiscale, che è sempre illegale.

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