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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2013 alle ore 12:05.

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Il Senato,
premesso che: la Costituzione repubblicana, ed i valori supremi ad essa sottesi, per come esplicitati nei principi fondamentali della stessa, rappresentano il presupposto e la sostanza della democrazia italiana, la fonte primigenia dei principi, dei valori e delle regole alla base dell'ordinamento statale;

tali principi sono identificabili nell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; nel pieno riconoscimento della reale dignità di tutti i cittadini, motivo per cui la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli che potrebbero impedire l'effettivo sviluppo della persona e la reale partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese; nel personalismo, inteso come attribuzione all'individuo della responsabilità etica, politica e giuridica per quanto egli faccia; nel pluralismo delle manifestazioni in cui si esplica la libertà del singolo, senza che queste possano pregiudicare l'egual diritto, possibile prima ancora che reale, di chiunque altro; nella giustizia sociale in virtù della quale l'appartenenza alla medesima comunità riconosce ed accetta i limiti al profitto ed alla proprietà privati; nell'organizzazione "diffusa" ed equilibrata dei poteri, nonché nel sistema di garanzie;

le Costituzioni, per definizione, sono dotate di senso unitario e coerente, e lo sono per il concetto stesso di Costituzione. Nella consapevolezza che la prima Parte della Carta costituzionale, contenente i principi fondamentali, non è affatto indipendente dalla seconda, risulta ormai evidente che singoli aspetti della Parte seconda possano certamente essere oggetto di un intervento riformatore, ferma restando la piena validità del suo impianto complessivo e dei principi ad esso sottesi, delineati con sapienza ed equilibrio dai nostri padri costituenti;

il dibattito culturale e politico del periodo più recente, compreso l'attuale, ha indebitamente "scaricato" sulla Costituzione il grave onere dell'inadeguatezza dell'ordinamento statale vigente, attribuendole una vetustà presunta per occultare responsabilità che ricadono invece sulla classe politica, rea, nella prassi quotidiana, di aver mortificato la Costituzione. La totale inefficienza del sistema istituzionale italiano, lungi dall'essere attribuibile alla nostra Carta fondamentale, trova origine nella caratterizzazione marcatamente castale del sistema partitocratico, segnato dalla sua assoluta autoreferenzialità, causa dell'enorme scollamento tra cittadini e politica;

norme sulla regolazione dei conflitti di interessi, sull'incandidabilità dei condannati e sulla lotta alla corruzione avrebbero già da tempo potuto cambiare il volto morale e politico del Paese, a costituzione vigente. Tali enormi questioni sono state invece, e dolosamente, lasciate immutate dal sistema dei partiti che oggi, indegnamente, propone di modificare la Carta costituzionale;

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