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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2013 alle ore 12:05.

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l'attuale «potere costituente», ovvero il Parlamento repubblicano, risulta essere stato eletto con legge costituzionalmente viziata, come sostenuto dallo stesso Presidente della Corte costituzionale. Tale circostanza, indebolendo significativamente la legittimità morale e politica del riformatore costituzionale, non può che abilitare le Camere ad intervenire limitatamente su alcune significative questioni unanimemente sentite dal popolo italiano, senza però scardinare il sistema delle forme di Stato e di Governo vigenti;

la scelta di interventi limitati ad alcune emergenze critiche, anche se di notevole portata, appare conforme alla corretta lettura dell'art. 138 della Costituzione, che impone revisioni costituzionali circoscritte e fornite, comunque, di una matrice univoca ed omogenea; a tal riguardo, è ormai riconosciuto unanimemente dalla dottrina costituzionalistica che le leggi di riforma costituzionale debbano dotarsi di contenuto "specifico" ed "omogeneo", anche e soprattutto in forza del referendum confermativo previsto nell'ambito del procedimento vigente di revisione costituzionale;

sul piano del metodo, pertanto, la materia istituzionale e, conseguentemente, l'approvazione di leggi di revisione costituzionale, oltre a richiedere una larga condivisione, non possono che risolversi pienamente nella procedura di cui all'art. 138 della Costituzione. L'organismo abilitato per riformare la Costituzione è uno ed uno soltanto, scritto proprio nella stessa Carta, e cioè il Parlamento repubblicano, nelle sedi proprie, già disciplinate dai Regolamenti parlamentari, cui si aggiungono i cittadini elettori, in virtù della possibilità di referendum popolare confermativo;

vincolare le modifiche costituzionali a procedure istituzionalmente e temporalmente "aggravate", sottraendo determinati contenuti costituzionali al potere stesso di revisione, non può considerarsi in alcun modo una scelta antidemocratica, ma fa parte dell'essenza stessa della democrazia costituzionale, essendone, addirittura, il logico presupposto;

oltre a risultare non conforme al dettato costituzionale e allo spirito della stessa Carta, un qualsiasi iter di revisione della Costituzione al di fuori delle sedi parlamentari ordinarie, si dimostrerebbe del tutto inefficace (si ricordino le esperienze in tal senso nel corso della storia repubblicana più recente), in forza dell'inevitabile sovrapposizione di ruoli e di funzioni di nuovi organi rispetto a quelli già oggi esistenti ed operanti. Dunque, assurdo ed irragionevole risulterebbe intraprendere l'iter di una legge costituzionale volta all'introduzione di organi particolari, dotati di specifici poteri, poiché questa procedura rappresenterebbe una palese intenzione "gattopardesca", al di fuori sia della Costituzione che della razionale sensatezza;

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