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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2013 alle ore 17:16.

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Gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati condannati a un anno e 8 mesi ciascuno dal tribunale di Milano al termine del processo di primo grado per l'accusa di omessa dichiarazione dei redditi. Il tribunale ha in sostanza accolto l'impianto accusatorio della procura, che con i Pm Laura Pedio e Gaetano Ruta aveva chiesto di condannare i due stilisti a 2 anni e 6 mesi, riconoscendo però le attenuanti generiche equivalenti e riducendo, perciò, la pena di 8 mesi rispetto alle richieste della pubblica accusa. I due stilisti dovranno inoltre versare un risarcimento provvisionale pari a 500 mila euro.

Trattandosi di incensurati condannati a pene inferiori ai 2 anni per Dolce e Gabbana, al pari degli altri imputati nel processo milanese sulla frode fiscale della D&G, il giudice ha disposto la sospensione condizionale della pena. Il processo si è chiuso con un totale di 6 condanne e un'assoluzione. Insieme ai due stilisti, è stato condannato a 1 anno e 8 mesi il commercialista Luciano Patelli. Condanna inferiore per l'ex amministratrice della Gado, Cristina Ruella, per l'ex amministratore della D&G srl, Giuseppe Minori, così come per Alfonso Dolce, fratello dello stilista Domenico, tutti condannati a 1 anno e 4 mesi. Assoluzione piena, così come chiesto dalla pubblica accusa, invece, per l'imputata Noella Antoine, inizialmente indicata come prestanome dei due stilisti.

«Faremo certamente appello perché crediamo fermamente nell'innocenza di Domenico Dolce e Stefano Gabbana», ha affermato l'avvocato Massimo Dinoia, legale dei due stilisti, commentando la condanna. «Vorrei anche sottolineare l'assoluzione dal reato di dichiarazione infedele dei redditi per i due stilisti, che di fronte a una intervenuta prescrizione richiede per la pronuncia nel merito la prova evidente», ha continuato il legale, definendo «molto importante» questa parte della sentenza.

Riguardo l'altra accusa, quella per cui gli stilisti sono stati condannati, il legale ha voluto precisare come la contestazione a loro carico sia «in concorso con altri, per fatti di altrui responsabilità, in quanto Domenico Dolce e Stefano Gabbana non erano amministratori della Gado», la società considerata estervestita dalla procura di Milano, al centro dell'accusa di omessa dichiarazione dei redditi.

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