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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2013 alle ore 07:04.

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C'è del debito in Danimarca: così il rialzo dei tassi spaventa le famiglie

I consumatori danesi, che devono complessivamente alle banche una cifra pari a tre volte il loro reddito, scopriranno presto quanto il loro debito è - o non è - sostenibile.

Tassi di interesse in aumento
I segnali non sono incoraggianti. Partiamo dallo scenario macroeconomico. La Federal Reserve è pronta a ridimensionare le risorse destinate agli stimoli all'economia: misura che ha fatto scattare le vendite e impennare i rendimenti dei titoli di stato di mezzo mondo e che, a catena, potrebbe fare aumentare le rate dei mutui. Non a caso, dopo l'annuncio, l'Indice Nykredit dedicato alle obbligazioni ipotecarie più scambiate della Danimarca questa settimana è crollato ai minimi degli ultimi quattro mesi. Il motivo: con il rischio tassi in aumento, queste obbligazioni non sono più considerate un "bene rifugio" dagli investitori.

Chi possiede il debito danese?
La causa scatenante del problema è da ricercare nella natura del debito dei privati in Danimarca. Sebbene governo e banca centrale abbiano per molto tempo sostenuto tale indebitamento, la vera "stampella" che ne garantisce l'equilibrio è rappresentato dai più grandi fondi pensione del mondo. Così, Commissione europea e Fondo monetario internazionale hanno lanciato l'allarme.

L'indagine interna sulla sostenibilità
Per rispondere alle pressioni internazionali, Copenaghen ha dovuto ammettere che vigilerà sulla crescita del debito privato e sulla sua effettiva sostenibilità. Lars Rohde, governatore della banca centrale, ha detto ai giornalisti che «è stata avviata un'indagine per valutare se vi è un rischio di crisi sistemica». Una dichiarazione che non ha aiutato a rasserenare gli animi. Tanto che, per calmarli, Rohde ha subito precisato: «Per i nostri studi il debito è sostenibile. Ma altri, al di fuori del paese, la pensano diversamente. Per questo indaghiamo».

Fondamentali di una crisi di mezza estate
Qual è la verità? I dati Ocse stimano che le famiglie danesi devono alle banche addirittura il 310% del loro reddito disponibile (dati riferiti al 2010). Nello stesso tempo, il debito pubblico è pari a meno della metà della media della zona euro: nel 2013 raggiungerà solo il 45% del Pil, secondo le stime della Commissione europea. Eppure, la domanda di beni e servizi in Danimarca, Norvegia e Svezia a maggio è calata, proprio in seguito ai segnali secondo cui la Fed sarebbe pronta a rimodulare (al ribasso) gli stimoli all'economia Usa. Immediatamente il rendimento dei titoli di Stato della Danimarca a 10 anni è salito all'1,96% (ai massimi dal marzo 2012).

La pericolosa contrazione dei consumi
È in questo scenario che le banche stano contattando le famiglie, spiegando loro che esiste un rischio concreto che i tassi di interesse possano salire. Un rischio che per altri è già realtà. «I tassi sono aumentati notevolmente, non c'è dubbio», spiega Lise Nytoft Bergmann, capo analista ed economista specializzato in dinamiche del mercato immobiliare della Nordea Kredit, che aggiunge: «L'aumento era previsto: ma si è manifestato a un ritmo più veloce di quello che avevamo stimato».

Le famiglie, allarmate, provano a orientarsi tra i consigli e le indicazioni degli esperti. E mentre lo fanno contraggono i consumi e cercano di risparmiare. Secondo i dati della banca centrale danese, a marzo i depositi bancari sono aumentati di 7 miliardi di corone, raggiungendo quota 858,7 miliardi. Tutto questo ha innescato un pericoloso circolo vizioso. Confermando che c'è del debito in Danimarca. O che, per dirla parafrasando l'Amleto di Shakespeare, «something is rotten in the debt of Denmark».

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