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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2013 alle ore 08:41.

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Quello che non serve è la "concorrenza" tra incentivi. L'obbligo di compilare un sudoku per decifrare la formula migliore e più conveniente per l'imprenditore interessato ad assumere nuovo personale e costretto a mobilitare gli uffici per stabilire tabelle su costi/benefici, intervalli temporali, platea di soggetti potenziali e così via.

Il "pacchetto giovani", soprattutto se declinabile con il surplus di fondi europei conquistati dal Governo italiano nel negoziato di Bruxelles, è un passo nella direzione di un Paese che intende davvero risolvere la battaglia contro il non-lavoro. Tuttavia il rischio che, dopo quel decreto, si prospetti un surplus di onere burocratico esiste. Con la potenziale aggravante di creare una presunta fungibilità tra un incentivo a tempo (massimo 18 mesi) – come è la decontribuzione – e agevolazioni invece più strutturali, come sono quelle per il contratto di apprendistato, tipologia ancora gracile in Italia, ma certo degna di essere irrobustita.
Ben venga la decontribuzione, ben vengano i bonus e anche lo "storno" dell'assegno Aspi all'impresa che assume disoccupati, ma sono tutti strumenti utili anche a ricordarci – con la loro inevitabile matrice transeunte – che il vero motore strutturale per far ripartire l'occupazione è e rimane il taglio al cuneo fiscale che oggi pesa per quasi il 40% (contro il 27% della media Ue) spiazzando la competitività del lavoro italiano.
Il confronto tra incentivi che pubblichiamo a pagina 2 e 3 è utile per ragionare sull'opportunità di concentrare in futuro le risorse disponibili su pochi strumenti e facilmente attivabili da parte delle imprese.

L'esperienza tedesca ci dice che scommettere sull'apprendistato come canale privilegiato per l'ingresso nel mercato del lavoro è la scelta più lungimirante e solida: punta molto sull'alternanza vera tra scuola e lavoro (2 giorni a studiare e tre giorni a lavorare) creando quelle professionalità tecniche di cui le aziende hanno effettivamente bisogno, senza precludere ai giovani di accedere all'università e di implementare il curriculum formativo. Nel mezzo garantisce una cospicua dote finanziaria ai lavoratori, abbinata a sgravi contibutivi e fiscali significativi per l'impresa.
Era l'idea originaria di Marco Biagi, da sempre attento studioso dell'efficienza del sistema tedesco, ed è stata anche al centro dell'azione strategica della legge Fornero, poi modificata e depotenziata nel corso dell'iter parlamentare. L'apprendistato è la strada migliore per garantire ingressi utili nel mercato del lavoro di giovani a professionalità crescente. In Italia ha scontato per lungo tempo il "boicottaggio" delle Regioni, poi la lenta applicazione di un accordo quadro tra enti locali, cui è demandata la gestione della formazione, spesso contrapposti tra loro per motivi di schieramento politico più che per il merito delle questioni da affrontare.

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