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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2013 alle ore 14:21.

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Egitto, un paese ostaggio delle opposte fazioni - I salafiti chiedono la testa di Mansour

IL CAIRO - Contrordine: Mohammed ElBaradei non è più il candidato alla carica di primo ministro del nuovo governo laico di transizione. Forse lo è ancora, probabilmente no. Il portavoce del presidente lascia aperta l'opportunità. Si oppone con forza il partito salafita Nour. "La sua nomina contraddice gli accordi della roadmap", spiega Ahmed Khalil, il vice di quel partito. In altre parole, ElBaradei è troppo laico e razionalista.

La rivoluzione, il golpe, chiamatelo come volete, è stato realizzato per esautorare con la forza Mohamed Morsi – presidente regolarmente eletto un anno fa – perché era troppo islamista; perché, secondo l'accusa, stava trasformando l'Egitto in un Paese islamico, ponendo Dio al centro della politica.

Poi arrivano i salafiti e fermano tutto. Perché il partito estremista islamico Nour che voleva la Sharia nella Costituzione, che nel pieno della crisi economica in Parlamento presentava leggi per vietare il bikini alle turiste straniere sul Mar Rosso, che vuole escludere le donne e i cristiani dalle cariche governative, è parte della rivoluzione democratica anti-Morsi.

Quanto a moderazione, i salafiti stanno ai Fratelli musulmani come Hitler a Thomas Jefferson. In Egitto non sono violenti e armati come i salafiti in Tunisia e Siria, ma sono sempre estremisti. Fanno parte del fronte di piazza Tahrir con i giovani Tamarrud solo per concorrenza islamica con la fratellanza: pensano sia il modo migliore per conquistare i cuori e le menti dei tanti musulmani egiziani delusi da Morsi.

E' un segnale della confusione e della difficoltà di uscire dalla crisi. Anche con questo nuovo cambio di potere. Raccogliere le petizioni di 22milioni di egiziani scontenti del governo in carica non era difficile. La parte più complicata viene dopo: come e con chi costruire l'alternativa politica. Pochi giorni dopo il golpe, il problema appare evidente.
"Il presidente a interim Adly Mansour ha incontrato il dottor ElBaradei ma fino ad ora non ci sono state nomine", spiega il portavoce presidenziale, lasciando ancora aperta l'eventualità. L'ex direttore dell'agenzia atomica dell'Onu e Nobel per la pace, sarebbe una "scelta logica". Qualche giorno fa, in un'intervista, ElBaradei giustificava il golpe militare dal quale un uomo come lui dovrebbe essere distante anni luce. "E' stata una misura dolorosa, nessuno la voleva. Sfortunatamente qualche mese fa Morsi ha minato la sua stessa legittimità, proclamandosi faraone". Si riferiva ai decreti presidenziali emanati da Mohamed Morsi a novembre.

I salafiti sono nel Palazzo a rivendicare un ministero per loro, a trattate e porre veti. I Fratelli musulmani sono di nuovo in piazza a manifestare contro la loro esclusione dal potere. Quella di oggi è un'altra giornata di rabbia e di rifiuto. Come venerdì, quando al Cairo e nel Paese ci sono stati almeno 36 morti, quasi tutti della fratellanza. All'offerta di dialogo avanzata dal presidente a interim Mansour, il loro portavoce Gehad el-Haddad ha risposto così: "Anche noi Fratelli musulmani siamo favorevoli alla riconciliazione. Basta reinsediare Mohamed Morsi alla presidenza e processare i golpisti per alto tradimento".

Al Jazira nel mirino
Le forze di sicurezza egiziane sarebbero tornate a fare irruzione nell'ufficio di corrispondenza dell'emittente satellitare al-Jazira al Cairo: lo ha denunciato la stessa società editrice della televisione pan-araba. Che cosa sia esattamente accaduto non é tuttavia ancora chiaro: al punto che un portavoce dello stesso canale informativo dal Qatar, dove se ne trova il quartier generale, si é limitato a rendere noto che il responsabile della sede cairota era stato portato via dalla polizia per essere interrogato, ma che é poi stato rilasciato. Smentita invece l'irruzione, che sembra non sia stata notata neppure da altre fonti giornalistiche presenti sul posto. Già il 3 luglio scorso, giorno in cui le Forze Armate deposero il presidente islamista Mohamed Morsi, la filiale di 'al-Jazirà in Egitto era stata oggetto di un assalto apparentemente analogo, conclusosi con l'arresto dei suoi dipendenti.

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