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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2013 alle ore 11:13.

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Alma Shalabayeva con la figliaAlma Shalabayeva con la figlia

Tremano tutti i vertici del ministero dell'Interno in queste ore. L'operazione fallita per la cattura di Mukhtar Ablyazov, ricercato con mandato di cattura internazionale ma anche principale dissidente del governo del Kazakistan, e soprattutto il rimpatrio a tempo di record della moglie, Alma Shalabayeva, e di sua figlia Alua di sei anni, sono state una sequenza di operazioni forse corrette, sul piano formale, ma molto discutibili, sul piano sostanziale e di opportunità. E adesso i nodi arrivano al pettine.

Dai segnali che trapelano in queste ore sembra che l'indagine chiesta dal ministro Angelino Alfano al prefetto Alessandro Pansa, capo del dipartimento di Ps, stia diventando un bulldozer che può radere al suolo tutto il gruppo al vertice della Polizia di Stato alla fine di maggio. Quando la poltrona del capo era vacante da due mesi dopo la scomparsa di Antonio Manganelli e proprio il 31 maggio, il giorno del rimpatrio della Shalabayeva e di sua figlia, il Consiglio dei ministri nomina Pansa, che dunque arriva a cose fatte. In bilico ora è la poltrona di Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto di Alfano, che riceve per primo l'ambasciatore in Italia Andrian Yelemessov, che sollecita alla cattura di Ablyazov. E, poi, sotto tiro c'è tutta la catena di comando che tratta il caso: con una priorità discutibile e rivelatasi devastante per la stessa immagine dell'Italia. C'è il vicecapo vicario della Polizia, Alessandro Marangoni, che guida il Dipartimento. Il vicecapo con delega alla Criminalpol, Francesco Cirillo, responsabile della gestione delle informazioni Interpol trasmesse alla squadra mobile della questura di Roma. Il capo della segreteria del capo della Polizia, Alessandro Valeri. In seconda linea, quella in realtà esecutiva delle direttive superiori, il questore di Roma, Umberto Della Rocca. E, sul piano della responsabilità formale, ci sarebbe persino un funzionario della prefettura di Roma accusato di aver firmato il decreto di espulsione della mamma e della figlia del dissidente, anche se in realtà la prefettura non ha potere di entrare nel merito delle carte trasmesse dalla questure ma soltanto stila e firma il decreto.

L'ira di Alfano è palese, non foss'altro perché proprio in quel lasso di tempo in cui non c'era il capo della Polizia la questione non ha avuto tutta l'attenzione che le era stata data al'inizio con le pressioni dell'ambasciatore kazako. E molto determinato è anche Pansa, visto che il colpo d'immagine per la Polizia italiana rischia di essere gravissimo. Ma l'interrogativo più inquietante, secondo le ricostruzioni fatte dal Sole 24 Ore, è un altro. Nessuno, ma proprio nessuno di tutti questi prefetti, né tantomeno i funzionari, dicono di aver saputo che Ablyazov era un dissidente politico finché il caso non è sollevato dai legali di Shalabayeva. Una risposta assurda, incredibile e molto preoccupante: perché il Viminale non può permettersi un deficit informativo di questo genere. Ammesso che si tratti di questo e non di altro.

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