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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 06:50.

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Dopo lo scoppio della bolla immobiliare più grande di tutti i tempi, nel 2006, e la fine di una grossa bolla dei mercati l'anno seguente, verrebbe spontaneo pensare che viviamo in un mondo del dopobolla. Eppure non si fa altro che parlare di bolle: bolle immobiliari vecchie e nuove in molti Paesi, una nuova bolla globale dei mercati, una bolla dei mercati obbligazionari a lungo termine negli Usa e in altri Paesi, una dei prezzi del petrolio, una dell'oro, così via.

Di certo però non mi aspettavo di sentir parlare di bolle quando sono stato in Colombia, il mese scorso. Invece anche lì si faceva un gran discutere di una bolla immobiliare in pieno svolgimento: mentre mi portava in giro per Cartagena, destinazione turistica sul mar dei Caraibi, l'autista mi indicava con meraviglia case che recentemente erano state vendute per milioni di dollari. Il Banco de la República, l'autorità monetaria del Paese sudamericano, fornisce un indice dei prezzi delle case per tre grandi città (Bogotá, Medellín e Calí): dal 2004 a oggi questo indice è cresciuto del 69 per cento in termini reali (corretti in base all'inflazione) e buona parte di questo incremento si è verificato dopo il 2007. È un ritmo di crescita non dissimile da quello degli Usa tra il 1997 e il 2006, quando l'indice S&P/Case-Shiller, relativo ai prezzi delle case in dieci città, aumentò del 131 per cento in termini reali.

Tutto questo spinge a porsi una domanda: cos'è esattamente una bolla speculativa? Il dizionario definisce «bolla», in senso figurato, «qualcosa di fragile, inconsistente, vuoto o senza valore; un'esibizione ingannevole. Dal XVII secolo il termine è spesso applicato a schemi commerciali e finanziari illusori». Il problema è che termini come «esibizione» e «schemi» lasciano intendere una creazione deliberata, più che un fenomeno sociale ampio che avviene senza la regia di nessuno.
Forse è la parola «bolla» che è usata con troppa leggerezza. È quello che pensa Eugene Fama. Secondo Fama, principale sostenitore della «teoria del mercato efficiente», le bolle non esistono. In un'intervista rilasciata nel 2010 a John Cassidy del New Yorker diceva: «Non so nemmeno cosa vuol dire una bolla. Sono parole diventate di moda, ma che secondo me non hanno senso». Nella seconda edizione del mio libro Irrational Exuberance, ho cercato di dare una definizione migliore. Una «bolla speculativa», scrivevo, è «una situazione in cui la notizia di un incremento di prezzo stimola l'entusiasmo degli investitori, che si diffonde per contagio psicologico di persona in persona, ingigantendo storie capaci di giustificare l'incremento di prezzo». Tutto questo attira «un ventaglio sempre più ampio di investitori che pur nutrendo dubbi sul valore reale dell'investimento ci si lanciano ugualmente, in parte per invidia del successo di altri e in parte per il brivido dell'azzardo». È questo il significato essenziale della parola «bolla» nella sua accezione più comune. Implicito in questa definizione è il motivo per cui è tanto difficile, per gli investitori più accorti, realizzare profitti puntando contro le bolle: il contagio psicologico favorisce un atteggiamento mentale che giustifica gli incrementi di prezzo, tanto che partecipare alla bolla può quasi essere definito un atto razionale. Ma non è razionale.

La storia è diversa in ogni Paese a seconda delle notizie da cui nasce la bolla, che non sempre combaciano con quelle di altri Paesi. Per esempio, la storia da cui è nata la bolla colombiana è che il Governo, sotto le attente cure dello stimato presidente Juan Manuel Santos, ha portato l'inflazione e i tassi di interesse a livelli da Paese sviluppato e ha quasi eliminato la minaccia della guerriglia delle Farc, iniettando nuova vitalità nell'economia. È una storia sufficiente a produrre una bolla immobiliare.
Essendo sostanzialmente fenomeni sociopsicologici, le bolle sono, per loro natura, difficili da controllare. Le misure di regolamentazione prese dopo la crisi finanziaria potrebbero limitare il rischio in futuro, ma il timore di bolle potrebbe ingigantire il contagio psicologico, producendo ancor più profezie che si realizzano da sole. Un problema della parola «bolla» è che crea l'immagine di una bolla di sapone che si allarga sempre più ed è destinata a scoppiare, improvvisamente e irrevocabilmente. Ma in realtà le bolle speculative sono più complicate: a volte si sgonfiano perché cambia la storia che le ha originate, e poi tornano a gonfiarsi. Sembra più accurato paragonare questi fenomeni alle epidemie. Il caso dell'influenza ci insegna che può apparire all'improvviso una nuova epidemia proprio mentre un'epidemia precedente sta regredendo, se compare una nuova forma del virus o se qualche fattore ambientale accresce il tasso di contagio. Lo stesso succede con le bolle speculative: se emerge una nuova storia sull'economia e se questa nuova storia ha una forza narrativa sufficiente a scatenare un nuovo contagio nella mentalità degli investitori, allora entra in scena una nuova bolla speculativa.

È quello che successe con il boom del mercato negli Stati Uniti degli anni Venti, che toccò l'apice nel 1929. Concepire le bolle come un periodo di crescita spettacolare dei prezzi seguito da un repentino punto di svolta e poi da uno schianto definitivo e di vaste proporzioni significa distorcere questi precedenti storici: in realtà, dopo il "martedì nero", ci fu un grosso boom dei prezzi reali delle azioni negli Stati Uniti che nel 1930 li riportò in parte indietro ai livelli del 1929; seguì un secondo crac, un altro boom dal 1932 al 1937 e poi un terzo crac.

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