Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2013 alle ore 08:00.

My24

Gli ultimi due passaggi della politica economica internazionale, il G-20 di Mosca e la vittoria del partito del premier Abe alle elezioni per la Camera alta giapponese, indicano che è ora di invertire la sequenza tra austerità e rilancio della crescita.

Ma anche che questa inversione sarà efficace solo se corredata da una strategia di politica economica di lungo periodo chiara e credibile. La virata del G20 di Mosca, dove per la prima volta il comunicato finale parla di rilancio dello sviluppo e dell'occupazione, senza porre allo stesso tempo degli obiettivi di contenimento dei saldi fiscali, è figlia delle condizioni economiche effettive dell'economia globale (il persistere della recessione europea, il rallentamento dei paesi emergenti); del confronto tra i paesi che hanno puntato prima di tutto al rilancio (Usa e Giappone) rispetto a quelli che hanno privilegiato l'austerità (Europa), risolto a favore dei primi; infine della forza delle argomentazioni intellettuali sviluppate dalla ricerca economica del Fondo monetario internazionale, che hanno permesso di capire che i costi dell'austerità in termini di crescita sono molto maggiori di quanto si pensasse prima della grande crisi.

Allo stesso tempo, il successo elettorale di Shinzo Abe in Giappone, e i dati sul vigore della crescita economica prevista al 4,1% nel 2013, hanno affievolito anche lo scetticismo sull'utilità di politiche monetarie e fiscali aggressivamente espansive. L'invito ad avere coraggio vale ovviamente soprattutto per l'Europa riluttante, che ancora non riesce a trovare un'agenda di crescita forte e credibile, fondata su un rafforzamento dell'integrazione economica.

Detto questo, anche se si invertisse la sequenza, entrambi gli elementi che la compongono (crescita e conti in ordine) rimangono obiettivi irrinunciabili. La vera difficoltà è riuscire ad attuare politiche credibili che permettano di raggiungere entrambi gli obiettivi. Qui, Europa e Giappone hanno posizioni opposte. L'Europa (e i singoli suoi membri, Italia in testa) devono convincere mercati ed elettori di esser in grado di riavviare la crescita. Abe di riuscire comunque a tenere i conti sotto controllo senza soffocare la ripresa.

In Giappone, infatti, la politica espansiva è vista come il primo passo di un piano articolato che prevede, in seguito la riduzione del colossale debito pubblico. La credibilità dell'Abenomics, dipenderà dunque dalla capacità di attivare anche misure di correzione fiscale, in primo luogo il raddoppio dell'imposta sui consumi entro il 2015.

In modo opposto, in Europa i margini per poter riprendere a parlare di crescita sono stati costruiti solo grazie all'azione di risanamento fiscale di paesi in difficoltà come l'Italia e all'adozione di misure comuni forti e credibili di solidarietà fiscale (i fondi europei come l'Esm) e di azione monetaria (gli strumenti come gli Otm).

Inoltre, anche se Europa e Giappone hanno adottato sequenze diverse, i due obiettivi di crescita e stabilità fiscale potranno essere raggiunti solo attraverso credibili riforme strutturali. Questa lezione vale certo per l'Europa e per le politiche di integrazione ancora da attuare, ma soprattutto per l'Italia. I mercati sanno bene, infatti, che gli stimoli giganteschi del Giappone, come quelli piccoli piccoli dell'Italia avranno un impatto solo se i fattori che hanno impedito strutturalmente la crescita di entrambe le economie (in era pre-crisi, quando il ciclo globale era molto più favorevole) verranno corretti.

Quella che viene comunemente definita la terza freccia della strategia di Abe, appunto le riforme strutturali, ha ingredienti molto simili a quelle predicate da noi: ridurre le rigidità del mercato del lavoro, aumentare il tasso di partecipazione della forza lavoro, raddoppiare gli investimenti esteri in entrata e molte altre.

Oggi Abe ha il vantaggio di una maggioranza parlamentare solida che gli permetterà di superare gli interessi di parte, mentre da noi la coalizione di Governo fa una gran fatica ad attivare i veri piani di riforma di cui abbiamo bisogno. Il nodo fondamentale rimane quello della credibilità. Se il nostro Governo riuscisse comunque, nonostante le sue difficoltà politiche, ad avviare poche riforme vitali – ad esempio una seria riforma fiscale invece del balletto Iva sì Iva no – allora anche il barometro degli istinti animali degli investitori, delle famiglie e delle imprese potrà spostarsi verso la crescita, con effetti molto maggiori di quanto ottengano i generici comunicati dei grandi del G20.

barba@unimi.it

Shopping24

Dai nostri archivi