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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 24 luglio 2013 alle ore 08:18.

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Vale più la forza, anche solo simbolica, di un accordo di secondo livello che mille misure normative studiate per far ripartire l'occupazione. E l'intesa di Milano tra Expo 2015 Spa e i sindacati quella forza ce l'ha tutta. Non solo perché è ricca di contenuti e numeri importanti.

Oltre 800 contratti di cui 340 di nuovo apprendistato, 300 per le assunzioni a termine di 6 o 12 mesi e 195 per stagisti cui verranno garantiti percorsi formativi autentici. L'intesa va colta come un modello anche perché prevede un vincolo anche per tutto l'indotto dell'Esposizione universale: ogni capitolato d'appalto, affidamento o fornitura di servizi che verrà stipulato nel prossimo triennio da Expo 2015 dovrà infatti prevedere specifiche clausole che assicurino il rigoroso rispetto degli obblighi retributivi, contributivi e di sicurezza da parte delle aziende contraenti. Già, il prossimo triennio. È quel tempo cui guarda il Governo per cercare la via di una ripresa possibile dell'occupazione, a partire da quella giovanile. Un obiettivo che si dovrà tentare di perseguire partendo dall'intesa che le parti dovrebbero trovare entro settembre sulla flessibilità sperimentale. Nuove regole che si accosteranno agli incentivi contributivi per le assunzioni dei giovani già contenute nel decreto all'esame del Senato e alle politiche attive che si dovranno innescare all'inizio del prossimo anno, con il Piano di garanzia per l'occupazione finanziato dall'Ue.

Il modello di Milano ha aperto il sentiero, ora sta alle parti seguirlo senza perdersi per strada. Per esempio senza farsi depistare da altri eventi di straordinaria forza simbolica (oltreché normativa) come le motivazioni della sentenza con cui la Consulta ha bocciato gli accordi aziendali siglati dalla Fiat solo con una parte del sindacato e non con la Fiom-Cgil. Accordi che l'azienda vorrebbe fossero esigibili in tutte le sue unità produttive, mentre per il giudice delle leggi la conseguenza che essi determinano tramite l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che regola le forme di rappresentanza in fabbrica lede i «valori del pluralismo e della libertà di azione». Senza giudicare le sentenze della Corte vale ribadire che il lavoro possibile, dopo la recessione peggiore del secolo, ha bisogno di pragmatismo, innovazione, sperimentazione e fiducia reciproca tra gli attori che operano sul mercato. Ecco il sentiero giusto da seguire, quello del modello Milano.

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