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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2013 alle ore 14:39.

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La crisi politica si sta avvitando in modo pericoloso, anche se l'intervento di Berlusconi stasera alla manifestazione di via del Plebiscito è sembrato un modo per abbassare la tensione. Commozione, l'abbraccio dei militanti e degli amici, il grido emozionato «sono innocente»: ma in definitiva anche massima attenzione a non rovesciare sul governo l'instabilità. E questo era il punto politico davvero irrinunciabile.

Insomma Berlusconi non vuole finire in un vicolo cieco. Né vuole togliere le castagne dal fuoco al Pd, che a sua volta dovrà decidere se riesce a tollerare un'alleanza con il partito del condannato. Quindi da Roma è venuto un piccolo spiraglio, benché la situazione resti piuttosto cupa. Un "Letta bis" al momento non è prevedibile. O meglio, sarebbero necessarie una serie di condizioni che non si vedono. Due in particolare. La prima è che nel Pdl emerga una consistente forza moderata in grado di non seguire Berlusconi e i suoi seguaci sulla via dell'avventura, se l'ex premier rifiuterà di prendere atto della realtà. Oggi i ministri del centrodestra non partecipano alla manifestazione di Roma: è un primo segnale positivo, ma l'esito è tutt'altro che scontato. Se la parte più massimalista del Pdl tiene alto il livello dello scontro e rifiuta di abbassare i toni, i moderati del Pdl dovranno fare molto di più: anche mettere nel conto la scissione di un gruppo parlamentare piuttosto numeroso in grado di assicurare la maggioranza al governo nelle due Camere, e in particolare al Senato. Al momento si tratta di una prospettiva virtuale, ma non si può escludere.

La seconda ipotesi è politicamente molto più densa di implicazioni. È quella evocata da Stefano Rodotà. Un'alleanza fra il Pd, la sinistra vendoliana e «chi ci sta»: in sostanza i Cinque Stelle, o magari una parte di essi. Significa il totale rovesciamento della logica politica seguita da Napolitano dopo le elezioni di febbraio. Sarebbe una maggioranza numerica più che politica, tale però da incidere in forme imprevedibili sugli assetti interni del Pd, spostandone bruscamente a sinistra la linea. Dopo le elezioni il Quirinale aveva impedito a Bersani di muoversi in questa direzione e infatti si arrivò alla rinuncia dell'allora segretario del Pd, con il passaggio del testimone a Letta. Oggi si può pensare di tornare a quello scenario? Sembra assai difficile. Difficile soprattutto che Napolitano voglia consegnare il paese a una combinazione parlamentare così poco affidabile, sia pure mimetizzata sotto la formula del "governo di scopo". Ma nulla si può escludere nell'ora della crisi. Nemmeno quelle "gravi conseguenze" a cui il presidente della Repubblica ha fatto spesso riferimento nei suoi ultimi interventi.

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