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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2013 alle ore 07:30.

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Non c'è una soluzione ma non c'è la rottura. Giorgio Napolitano ha seguito il filo della cautela nel suo incontro con i capigruppo Pdl Schifani e Brunetta che sono andati al Colle mettendo sul tavolo varie ipotesi di "salvacondotto" per Berlusconi.

Ha ascoltato con attenzione ma ha anche chiarito che la strada resta politica, non istituzionale. In primo luogo il capo dello Stato ha apprezzato il tono dei due capigruppo che è stato molto diverso dai giorni scorsi: non hanno messo in ballo la sopravvivenza del Governo, né fatto ricatti, ma solo rappresentato la necessità che non solo il leader Pdl ma tutto il partito mantenga «un'agibilità politica». Ragioni che Napolitano ha ascoltato nella consapevolezza che quella di questi giorni è una guerra di nervi e che la stabilità del Governo e del Paese è appesa a un filo. Ma è rimasto impassibile quando gli sono state squadernate le ipotesi di salvacondotto messe in campo dai due capigruppo Pdl. Al momento, non ha offerto alcuna soluzione "chiavi in mano" sulla condanna di Berlusconi. Piuttosto si è riservato, come hanno spiegato fonti del Quirinale, di «esaminare con attenzione le questioni prospettate» dal Pdl, in attesa di vedere quale sarà la piega e i comportamenti del centrodestra. Quello che sembra aver detto con chiarezza è che non c'è alcuna soluzione "istituzionale", non c'è – insomma – una soluzione di salvacondotto che possa essere costruita dal Quirinale. L'atto di clemenza viene giudicato "molto prematuro". C'è invece la strada di un accordo politico-parlamentare che il capo dello Stato non ostacolerà ma – anzi – cercherà di agevolare. Si è parlato, infatti, anche di colloqui telefonici che ieri Napolitano avrebbe avuto con i vertici Pd (sembra con Epifani) per verificare la fattibilità di un dialogo Pd-Pdl su questo fronte.

Ed è dunque con la prudenza di chi deve attendere gli sviluppi nel dialogo tra i due partiti che il Quirinale ha gestito la giornata di ieri. L'invito a cercare una soluzione politico-parlamentare sulla riforma della giustizia – ed eventualmente su un'amnistia o indulto – resta la via maestra ma c'è il punto di domanda del Pd. Il partito di Epifani può reggere una riforma con il Pdl di Berlusconi condannato? Ecco quindi la cautela. Capire innanzitutto cosa intendono fare i partiti. Il capo dello Stato ha mostrato di non voler chiudere al Pdl, infatti, proprio per non mettere subito a rischio la tenuta di un Governo dal quale dipende il destino economico-finanziario del Paese. I primi segnali di ripresa rischiano infatti la gelata dei mercati finanziari e il rischio di un nuovo baratro sul fronte dello spread in caso di crisi di governo. Così si spiega il passo cauto del Colle che cerca la ponderazione, innanzitutto.
Dunque si va avanti con grande prudenza. Era questa la parola d'ordine di ieri al Qurinale. E i comunicati ufficiali rispettavano il clima della giornata. «Il presidente esamina con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate». Una frase diffusa in tarda serata che non ha elementi di sostanza ma appunto solo di forma: e cioè la cautela con cui si va avanti su un terreno diventato davvero scivoloso. Ieri il capo dello Stato ha molto apprezzato il fatto che Brunetta e Schifani non abbiano messo in dubbio il Governo ma sa anche che lo spartito di Palazzo Grazioli potrebbe cambiare nel giro di qualche ora. È infatti ancora vivo il ricordo di quando Berlusconi tolse la fiducia al Governo Monti da un giorno all'altro e, anche allora, c'era di mezzo la sentenza di condanna di secondo grado su Mediaset.

E dunque se ufficialmente si cerca di sostenere il Governo e la sua funzione, nel faccia a faccia sembra che Napolitano abbia chiarito la sua posizione: non c'è la possibilità di atto di clemenza o di forzature dal Colle sull'interpretazione della legge anticorruzione Severino-Monti che comporta la decadenza da senatore per il leader Pdl. La sponda offerta dal capo dello Stato resta quella politica e su quella ieri è stato attaccato dal Movimento 5 Stelle con Roberto Fico che ha parlato di «assist» a Berlusconi. Polemiche che rientrano nella fibrillazione di questi giorni in cui ciascuno soffia sul fuoco. E chissà se basterà la cautela del capo dello Stato per raffreddare un clima che sembra scivolare verso le elezioni. Una certezza resta: Napolitano non scioglierà le Camere se non cambierà il Porcellum. Le dimissioni sarebbero sul tavolo.

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