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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2013 alle ore 07:52.

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Ingenuità, imprudenza, vanità, stress da provocazione? Non si sa perché il presidente della sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito, abbia accettato di concedere l'intervista al Mattino (un bravo, naturalmente, ai colleghi che hanno fatto lo scoop). Ma il giudice che ha avuto la responsabilità di leggere la sentenza più delicata degli ultimi 20 anni, praticamente in diretta in mondovisione, alla richiesta di intervista poteva rispondere come il Bartleby di Melville: «Preferirei di no».

Forse aveva l'esigenza di replicare, indirettamente, a chi lo accusava di anti-berlusconismo militante rivangando cene antiche in cui tra amici, e in privato, avrebbe mostrato le proprie simpatie politiche. Ma neppure questo vale come attenuante se quel discettare intorno al "non poteva non sapere" alimenta dubbi e rischia ora addirittura di aprire il fianco a un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Un giudice di 71 anni non può non sapere quale sia il peso delle sue parole. E non può non sapere che la toga, una volta indossata, fa perdere il diritto a cadere nelle provocazioni.

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