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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2013 alle ore 19:41.

«Nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta». Lo afferma il presidente Giorgio Napolitano, in una nota, che sottolinea come «negli ultimi anni, nel
considerare» sollecitazioni alla grazia «si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda». Il Capo dello Stato risponde con una nota a una serie di «chiamate in causa» ricevute nei giorni scorsi, con richiesta di grazia o di «agibilità politica» da parte del centrodestra per Silvio Berlusconi, dopo la condanna definitiva a 4 anni di reclusione per il processo Mediaset sui diritti tv. Il capo dello Stato sottolinea che il Paese ha bisogno di «una prospettiva di serenità e coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società», problemi di giustizia compresi.Che tutti sono obbligati a prendere atto delle sentenze definitive della magistratura.
Spetta a Berlusconi decidere
«Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito - scrive Napolitano - decidere circa l'ulteriore svolgimento, nei modi che risulteranno legittimamente possibili, della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l'Italia ha bisogno».
Di qualsiasi sentenza si prende atto
«Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell'attenzione pubblica come in ogni altro», scrive in una nota il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definendo "arbitrarie" le ipotesi di scioglimento delle Camere. Intervengo oggi, scrive il Capo dello Stato, in quanto «sono stato, da parecchi giorni, chiamato in causa, come Presidente della Repubblica, e in modo spesso pressante e animoso, per risposte o "soluzioni" che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica».
Sulla clemenza tocca al capo dello Stato l'esame rigoroso
«Tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame obiettivo e rigoroso - sulla base dell'istruttoria condotta dal Ministro della Giustizia - per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull'esecuzione della pena principale», scrive Napolitano in una nota.
La normativa vigente esclude il carcere
Precisa che la «normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto».
Fatale sarebbe una crisi di governo dopo 100 giorni
«Fatale sarebbe una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni; il ricadere del paese nell'instabilità e nell'incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica», scrive il presidente della Repubblica.
Le ipotesi di scioglimento delle Camere «arbitrarie e impraticabili»
Le ipotesi di scioglimento delle Camere sono «arbitrarie e impraticabili», sottolinea Napolitano. «Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi - scrive il Capo dello Stato -. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere». Trova inaccettabile «che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche».
Apprezzato la riaffermazione del sostegno al governo Letta
Napolitano sottolinea di aver «apprezzato vivamente la riaffermazione - da parte di tutte le forze di maggioranza - del sostegno al governo Letta e al suo programma, al di là di polemiche politiche a volte sterili e dannose, e di divergenze specifiche peraltro superabili».
Serve serenità per affrontare la riforma della giustizia
Serve, scrive il capo dello Stato, «una prospettiva di serenità e coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno».
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