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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2013 alle ore 18:18.

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Bersani: Pdl prenda le distanze da Berlusconi. Schifani: fine del Governo se ci sarà un voto politico in Giunta

Il Pd non accetta nessuna trattativa sulla decadenza di Silvio Berlusconi, perché «le leggi vanno applicate». Semmai è il Pdl che deve «prendere un minimo di distanza» dal proprio leader. Lo ha detto l'ex segretario Pd Pier Luigi Bersani parlando alla festa nazionale del partito a Genova: «Non potete immaginare che ci comportiamo nei confronti di Berlusconi in un modo che non useremmo per nessuno dei nostri, perché siamo in uno stato di diritto e le leggi vanno applicate. «Se si distinguono subito - ha aggiunto - possiamo evitare traumi al paese, una crisi di governo... Se non si affronta questo tema, ci procurerà dei traumi, dei problemi davanti ai mercati, e dopo
due mesi saremo di fronte alla stessissima questione».

La lunga marcia di avvicinamento al 9 settembre, il "giorno del giudizio" per Berlusconi, registra anche un'intervista a SkyTg24 del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Sul tema della costituzionalità della legge Severino, che prevede la decadenza dal mandato parlamentare per i condannati a pene superiori ai due anni, ha spiegato il Guardasigilli, «si sono espresse persone di grande competenza e non sospette di partigianeria, quindi è giusto rifletterci».

Nel pomeriggio, sul fronte opposto, quello del centrodestra, il capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani, ha invece chiamato in causa il vertice di palazzo Madama perché metta in mora i colleghi già convinti delle responsabilità del Cavaliere e della sua inevitabile decadenza da senatore. Per Schifani, «la violazione degli elementari principi di riservatezza da parte di alcuni membri della Giunta - che hanno dichiarato come voteranno - richiede la valutazione del presidente Grasso sulla esigenza di procedere alla loro sostituzione».

A sei giorni dall'esame del "caso Berlusconi", da parte della Giunta per le elezioni di palazzo Madama, chiamata a valutare la decadenza da senatore del leader del Pdl condannato a 4 annni per frode fiscale, Schifani contribuisce quindi al pressing sui 23 componenti dell'organismo di garazia del Senato dove i favorevoli all'allontanamento del Cavaliere sono al momento 14 (8 del Pd, 4 del M5S, 1 Sc, e il presidente Dario Stefano, di Sel), mentre i contrari si fermano a 9 (6 Pdl, 1 Ln. 1 Gal, 1 Autonomie).

«Nel caso in cui la Giunta per le elezioni del Senato dovesse deliberare di dover procedere alla "contestazione" della decadenza dalla carica parlamentare di Silvio Berlusconi - ricorda Schifani - dovrà riunirsi in Camera di Consiglio per pronunciarsi». Un passaggio chiave per le sorti del Cavaliere, secondo Schifani, al quale non dovrebbero assolutamente partecipare i membri della Giunta che si sono già espressi sulla sorte di Berlusconi. Per garantire una valutazione senza pregiudizi, conclude Schifani, occorre la loro sostituzione, «considerata la funzione giurisdizionale che la Giunta assolve», funzione che impone «il rigoroso dovere di non poter anticipare in alcuna sede o contesto quali saranno le decisioni finali dei singoli componenti».

Immediata la replica di Grasso alla richiesta di Schifani: «Il presidente del Senato ha il potere di rinnovare i componenti della Giunta per le elezioni solo in determinati casi, disciplinati dall'articolo 19 del regolamento del Senato, tra i quali certamente non rientra l'espressione di opinioni sulle questioni sottoposte alla valutazione della Giunta e che, nel caso specifico, sono emerse da esponenti di tutte le forze politiche».

Parole nette, quelle di Grasso, che provocano la risposta finale di Schifani nel corso di una intervista al Tg3 Rai. «Se il voto dovesse essere politico e quindi rispecchiare le distinzioni delle forze in campo la convivenza sarebbe impossibile». Non una novità, ma la conferma della linea del Pdl in caso di un voto ostile della Giunta al proprio leader.

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