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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2013 alle ore 16:00.
L'ultima modifica è del 05 settembre 2013 alle ore 09:11.

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Larghe intese, Schifani: si avvicina il momento della crisi. Renzi ottimista: l'Esecutivo non casca

Governo ancora sotto pressione. Il premier Enrico Letta è al G20 di San Pietroburgo. Nella conferenza stampa al termine dell'incontro con Putin sulla Siria, arriva la domanda: la crisi di Governo è vicina? «Ci sono talmente tanti obiettivi da raggiungere al G20 che farei un danno all'Italia se mi deconcentrassi da questi sette obiettivi che mi sono dato», risponde. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si mostra invece ottimista, e nel corso di un sopralluogo nei cantieri del nuovo Parco della Musica a Firenze assicura i cronisti: «Il governo non casca, il governo ora va bene così...».

Il clima di incertezza rimane. Specie dopo che si è diffusa la notizia che Silvio Berlusconi ha già registrato un videomessaggio, in cui annuncia la rinascita di Forza Italia. Si tratterebbe di un intervento acceso, con critiche nei confronti della magistratura e toni che potrebbero far saltare il precario equilibrio tra le forze politiche di maggioranza. Una bomba a orologeria che il Cavaliere potrebbe decidere di far scoppiare già domenica, con la trasmissione sulle reti Mediaset, alla vigilia della seduta della giunta del Senato che, dopo il nulla di fatto di ieri, dovrebbe definire le tappe che condurranno al voto sulla decadenza del leader del Pdl dalla carica di senatore.

«Il Pdl - chiarisce Renato Schifani ai microfoni del Tg5 - è pronto all'opposizione, lo ha già fatto nel 2006 e continuerà a fare la sua parte». Quanto alla possibilità che si torni al voto ma che prenda corpo un Letta bis, il capogruppo del Pdl al Senato osserva: «E poi un governo raccogliticcio, d'aula, sarebbe il male del Paese perchè privo di coesione politica, privo di programma e non troverebbe un'intesa su nulla. Sarebbe meglio tornare alle urne». In mattinata Schifani ha parlato di vero e proprio conto alla rovescia. «Vedo l'avvicinarsi di un momento di crisi» - ha affermato in un intervento a Radio anch'io -. Vedo l'avvicinarsi verso un countdown che determinerà irreversibilmente scelte politiche».

Dal Pdl, dunque, giungono messaggi poco distensivi, in linea con le uscite degli ultimi giorni. Già ieri il capogruppo del Pdl al Senato, al termine dell'incontro tra i senatori del Popolo della Libertà, ha ricordato agli alleati del Pd che la possibilità che ci sia o meno una crisi, allo stato attuale, è solo nelle loro mani. I ministri del partito hanno già fatto sapere che, se il Cavaliere lo dovesse chiedere, sarebbero pronti a fare un passo indietro e a dimettersi dal Governo. Il Popolo della Libertà chiede in particolare che la giunta non diventi un plotone di esecuzione di Berlusconi, e che la questione della retroattività della legge Severino venga sottoposta alla Consulta. In questo trovano una spalla nei ministri Cancellieri e Mauro. I democratici, dal canto loro, prima con il ministro Franceschini, poi con il segretario Guglielmo Epifani intimano il Pdl a smetterla con i continui ricatti. Epifani esclude dubbi di costituzionalità sulla legge Severino. Anna Finocchiaro dice no al baratto Governo-rispetto delle leggi.

Questa situazione di instabilità è vissuta con preoccupazione dal Quirinale, che ha sostenuto la soluzione dell'Esecutivo di larghe intese in quanto l'unica in grado di garantire stabilità al Paese, in una fase in cui si intravedono spiragli di ripresa anche per l'Italia. Nonostante le pressioni di alcune colombe del Pdl, tra cui Gianni Letta e Fedele Confalonieri, per un segno da parte del Colle - tra le proposte che gli ambasciatori di Berlusconi avrebbero fatto ci sarebbe quella di un passo indietro del Cavaliere, che si dimetterebbe dalla carica di senatore in cambio della concessione della grazia da parte del capo dello Stato, senza che Berlusconi abbia iniziato a scontare la pena - la posizione di Napolitano rimane quella della nota di metà agosto, in cui veniva chiarito che la concessione della grazia passa dalla presentazione di una richiesta, cosa che il leader del Pdl non sembra intenzionato a fare. In base alle indicazioni fornite da chi ha avuto contatti con il Quirinale in questi giorni, il capo dello Stato penserebbe comunque a un voto parlamentare su una mozione di sfiducia, e quindi le dimissioni dei mininistri non basterebbero a segnare la fine del Governo Letta (si veda Il Sole 24 Ore di oggi).

La sensazione (e la speranza) è che alla fine Berlusconi non voglia far precipitare la situazione, togliendo il sostegno del suo partito al Governo. Anche perché, se ciò accadesse, si correrebbe il rischio di dover tornare alle urne con l'attuale legge elettorale, ipotesi che il Quirinale non vuole nemmeno prendere in considerazione. Ecco allora definirsi, nel caso in cui dovesse saltare l'attuale Esecutivo, un piano B, con Letta che va in Parlamento per chiedere la fiducia su un nuovo governo, con una maggioranza che vedrebbe la partecipazione di M5s al posto del Pdl. Fiducia che potrebbe arrivare anche con il sostegno di qualche senatore a vita appena nominato. Ma la partita è ancora aperta. E si gioca proprio in queste ore.

L'ipotesi di un Governo Letta bis non piace a Sel, che auspica puttosto la ricerca di una nuova maggioranza per poi andare alle elezioni. «Il governo Letta - ha detto il segretario Nichi Vendola prima di firmare alcuni referendum proposti dai Radicali - si
é caratterizzato in termini negativi. È un governo Letta-Berlusconi e auspico che cada quanto prima». In caso di crisi, dovrebbe quindi nascere «una nuova maggioranza che faccia poche cose a cominciare dalla cancellazione della vergognosa legge elettorale auttuale. Poi - conclude - si torni a votare»

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