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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2013 alle ore 08:16.
Nel giorno in cui lo spread dell'Italia e della Spagna si sono avvicinati fino quasi a combaciare – ennesimo segnale del sovrapprezzo pagato all'instabilità politica – giova ragionare anche su un altro spread. Quello che segnala la differenza del peso di tasse e contributi sul costo del lavoro italiano (oggi al 53,8%) rispetto a quello dei partner europei.
Il "total fiscal rate" (tasse e contributi) sopportato da una nostra impresa è di 20 punti superiore a quello tedesco. Ritoccato quello spread, certo, ne beneficerà anche l'altro sui BTp. L'iperuranio del tavolo tondo di San Pietroburgo e il prosaico tran-tran dei palazzi romani devono trovare una sintesi: finora si chiedevano lacrime e sangue, ora sviluppo. Ben venga il taglio di un punto di oneri Inail (cui il Governo sembra pensare), ma serve anche l'eliminazione della componente lavoro dalla base imponibile Irap e l'alleggerimento, via detrazioni, dell'Irpef in busta paga. Ora ce lo chiede il mondo intero. Chi paga? La crescita. Non fare costerebbe di più.
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