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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2013 alle ore 08:26.

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(Reuters)(Reuters)

Damasco invierà documenti all'Onu per firmare un accordo per la messa sotto controllo internazionale delle armi chimiche, lo riferisce Interfax citando un passo dell'intervista del presidente siriano Bashar Assad alla tv russa Rossia 24. Damasco insomma è pronta ad agire senza ritardi se si trova un accordo sulla proposta russa di un controllo delle armi chimiche siriane, ha dichiarato a Radio Eco di Mosca l'ambasciatore siriano in Russia, Riyad Haddad. «Abbiamo accettato l'iniziativa russa nella sua totalità. È una iniziativa eccellente, ma è necessario intendersi su più dettagli», ha tuttavia aggiunto. Ma Assad, in un passaggio della sua intervista alla tv russa Rossia 24, non sembra per nulla intimidito e sottolinea che il processo di smantellamento delle armi chimiche del suo Paese non deve essere unilaterale e che gli Usa devono smettere di minacciare Damasco e di armare l'opposizione.

Damasco fa un ulteriore passo. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha ricevuto una lettera dal governo della Siria che dichiara formalmente l'intenzione del Paese mediorientale di aderire alla Convenzione sulle armi chimiche, accordo internazionale che ne vieta la produzione e l'uso, fa sapere il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq.

Intanto «probabilmente lunedì» sarà reso noto il rapporto degli ispettori Onu sull'uso delle armi chimiche, dichiara il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. «Dirà che c'è stato un massacro con armi chimiche... E avrà certamente indicazioni» sull'origine di questo massacro, commesso il 21 agosto alla periferia di Damasco e che ha causato centinaia di vittime, ha aggiunto il titolare del Quai d'Orsay. «Dal momento che solo il regime aveva solo gli arsenali, i vettori e l'interesse a farlo, si possono tirare le conclusioni», ha dichiarato Fabius, convinto che non ci siano dubbi sulla responsabilità del regime di Bashar al Assad.

Il Libero esercito siriano, organizzazione militare dei ribelli e la Coalizione Nazionale Siriana, il braccio politico, hanno respinto categoricamente la proposta della Russia sul controllo dell'arsenale chimico del regime di Damasco. Gli oppositori del presidente Bashar Al-Assad sono convinti che si tratti solo di «una manovra politica per guadagnare tempo«.

Putin sul Nyt: gas usato dai ribelli. Oggi incontro Kerry-Lavrov
Di diverso avviso, invece, il presidente russo Vladimir Putin, che a 24 ore dal discorso alla nazione del presidente americano Barack Obama, sceglie le colonne del New York Times per rivolgersi a Washington e agli americani e presentare la sua versione dei fatti sulla Siria. Sostenendo come siano stati i ribelli a usare le armi chimiche, Putin afferma: la Russia «non sta proteggendo il governo siriano ma la normativa internazionale». E mette in guardia sulle conseguenze di un potenziale attacco americano contro Damasco, che sarebbe, senza l'appoggio dell'Onu, un «atto di aggressione»: si tradurrebbe in «ulteriori vittime innocenti e in una escalation, potenzialmente ampliando il conflitto al di fuori dei confini della Siria. Un attacco aumenterebbe le violenze» e causerebbe «una nuova ondata di terrorismo».

Metterebbe in pericolo gli sforzi multilaterali per risolvere il problema del nucleare iraniano e il conflitto israelo-palestinese», oltre a «destabilizzare ulteriormente il Medio oriente e il Nord Africa». Putin ribadisce che «non c'è dubbio che gas» chimico «sia stato usato in Siria, ma ci sono ragioni per ritenere - afferma il presidente russo - che non sia stato l'esercito siriano ma le forze dell'opposizione per provocare un intervento» di potenze straniere che, così, «si allineerebbero con i fondamentalisti».

Nel frattempo, la riunione dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu si è conclusa nella notte italiana senza passi avanti dopo la proposta della Francia per tentare di tradurre in una risoluzione il piano russo perché la Siria consegni le sue armi chimiche. I rappresentanti di Usa, Russia, Cina, Francia e Regno Unito, riuniti a porte chiuse, sono rimasti insieme «per quasi un'ora» nella sede della delegazione russa alle Nazioni Unite, hanno raccontato fonti diplomatiche. La Francia non ha fatto circolare per ora nessuna bozza, ha aggiunto un'altra fonte dopo la riunione, avvenuta alla vigilia dell'incontro a Ginevra tra il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov proprio per discutere la proposta di Mosca che ha incassato anche il placet di Israele. «Non posso dire che abbiamo piena fiducia, ma se questa proposta russa rimuoverà prima di tutto le armi chimiche da Siria e poi le smantellerà, allora è una maniera per mettere fine a questa tragedia e anche alla minaccia», ha detto alla Radio Militare il ministro degli affari strategici Yuval Steinitz.

Non ne vuole sapere di trattare con Assad, invece, l'Esercito siriano libero, la coalizione dei ribelli che ha respinto con forza la proposta russa che prevede di collocare sotto il controllo della comunità internazionale le armi chimiche che circolano in Siria. Lo ha affermato il capo dell'organizzazione, il generale Selim Idriss, in un comunicato letto su YouTube. «"L'Esercito siriano libero annuncia di respingere categoricamente l'iniziativa russa che prevede di collocare le armi chimiche sotto controllo internazionale», ha dichiarato il leader militare dei ribelli.

Intanto, la Cia avrebbe cominciato a consegnare armi ai ribelli siriani, secondo quanto riferiscono fonti Usa e del Paese mediorientale citate dai media americani. Le spedizioni - si legge sul Washington Post - sono cominciate nel corso delle ultime due settimane, insieme a quelle del Dipartimento di Stato di veicoli e altre attrezzature. Dopo mesi di ritardo da parte dell'amministrazione Obama nel sostenere militarmente i gruppi anti-Assad - sottolinea sempre il Post -, siamo dunque di fronte a una escalation del ruolo degli Usa nella guerra civile siriana. Questo proprio in giorni di grande tensione, in cui si decide l'eventuale attacco americano per punire Damasco per l'uso di armi chimiche.

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