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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2013 alle ore 15:08.

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Dopo gli eccessi drammatici dal 1914 al 1945, l'Europa sembra aver abbandonato lo stile epico, tragico e degli eroi dell'antico dio della guerra Marte ed essersi convertita a Mercurio, il dio del commercio, del consumismo e dei ladri.

In attesa delle elezioni europee, quelle tedesche di domenica 22 settembre condizioneranno decisamente il futuro del l'Unione Europea, non fosse altro perché quel futuro, così come il presente e il passato, sono sempre stati condizionati dalla storia della Germania.
L'Europa infatti, nasce negli anni '50 del secolo scorso col Trattato di Roma, per sviluppare un'associazione industriale di due grandi potenze, Francia e Germania, con 50 milioni di abitanti ciascuna, e con tre Paesi vicini, tra cui l'Italia, per poi raggiungere la massima espansione alla metà degli anni '90. In una sorta di risposta alla caduta del muro di Berlino, con un'unità monetaria, il Trattato di Maastricht del 1992 viene stipulato col vero scopo di evitare che una Germania riunificata potesse dominare il resto dell'Europa. Ma la moneta unica rimane anche ora senza aver alla base un'unione fiscale, lasciando garantire la stabilità monetaria alla Bce in splendido isolamento. Ed è proprio la Bce che nel dicembre del 2011 e nel settembre del 2012 riesce a salvare l'euro, con finanziamenti a basso tasso alle banche e con gli acquisti sul secondo mercato dei titoli dei paesi indebitati.

È bene peraltro sottolineare che era stato lo stesso tedesco Helmut Kohl fin dal 1989 ad aver sostenuto che l'unione monetaria non poteva né doveva essere disgiunta dall'unione fiscale e politica, nonostante l'opposizione del francese Mitterrand e dell'italiano Andreotti. Con tale incompletezza la moneta unica, invece di aiutare e far convergere i Paesi che ad essa hanno aderito, finì per esasperarne le differenze. Mentre alcuni, con politiche spesso dissennate accompagnate da un indebitamento pubblico diventarono poco competitivi, la Germania, attraverso riforme strutturali e incorporando l'Europa dell'Est - dove vigeva un basso costo del lavoro - creò una sorta di Mittel Europa trasferendo, con reciproco gradimento, parti importanti della propria produzione e dei propri impianti industriali in Polonia, Ungheria, Slovacchia e nella Repubblica Ceca. L'esempio più evidente è quello della dislocazione degli stabilimenti Volkswagen. E così, mentre l'industria manifatturiera dei Paesi del Mediterraneo viene soffocata dalle importazioni cinesi a basso prezzo, l'industria tedesca guadagna i mercati dei settori più sofisticati quali le automobili, l'industria chimica e quella meccanica.

La sola Unione monetaria favorì dunque principalmente la Germania, che si trovò tuttavia, anche per salvare le sue banche, che avevano ampiamente finanziato i Paesi indebitati, a dover far fronte all'inizio della crisi nel settembre 2008 alle scadenze debitorie dei vari Stati, dalla Grecia all'Irlanda, dal Portogallo alla Spagna e all'Italia. La speculazione, lo spread con i bund tedeschi, e il dominante capitalismo finanziario, hanno fatto il resto, provocando un'alleanza tra Germania e Stati Uniti nell'imporre ai Paesi debitori - esposti soprattutto verso le loro banche - riforme strutturali e tagli; insomma, quell'insieme di politiche anche costituzionali, quale il limite del deficit al 3 per cento che, dettate da un'irrazionale neoliberismo, sono state condotte sotto il nome dell'"austerità", responsabile ultima dell'aumento accelerato e intollerabile della disoccupazione e di una situazione economica di pericolosa deflazione nei Paesi in cui è stata imposta.

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