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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 07:06.

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Con l'audizione in Parlamento del vicepresidente della Commissione europea, Olli Rehn, la politica italiana, da sempre assai distratta sulla portata di scelte che essa stessa approva a grande maggioranza, ha scoperto il significato pratico della nuova governance europea in tema di bilancio. Scoperta amara, tardiva, ma tutto sommato salutare, ammesso che il sistema dei partiti e lo stesso Governo ne traggano le dovute conseguenze.

e A partire da quest'anno, la nostra "sovranità" nazionale sul bilancio è un po' meno sovrana, nel senso che le nuove regole (in particolare il "Two-pack", i due regolamenti approvati dal Consiglio europeo il 13 maggio scorso che introducono per i Paesi dell'eurozona più coordinamento e vigilanza nel processo di formazione delle politiche fiscali nazionali) prevedono che la Legge di Stabilità (ex Legge Finanziaria) entro il 15 ottobre venga trasmessa, oltre che al Parlamento italiano, alla Commissione e all'Eurogruppo (il coordinamento europeo che riunisce i ministri delle Finanze e dell'Economia dei Paesi euro). Entro novembre, la Commissione si esprime con un parere pubblico e motivato sul piano di bilancio per il 2014. Se il piano non è in linea con gli impegni presi e non rispetta le raccomandazioni di Bruxelles, la Commissione chiederà le necessarie correzioni. E se l'Italia non dovesse per esempio rispettare gli obiettivi assunti in termini di deficit (stare sotto il 3% nel rapporto col Pil) scatterebbe una nuova procedura d'infrazione.
Piacciano o non piacciano, queste sono le regole che l'Italia, Paese che ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio a dicembre 2012 ha accettato e approvato.

Un serio confronto critico sull'efficacia o meno della nuova governance come stabilizzatore anticrisi è da incentivare, ma il Commissario Rehn, anche se con qualche ruvidità e matafore poco azzeccate, fa oggi il suo mestiere. Da destra e da sinistra sono volate parole tanto grosse («Persona non gradita», «Un caporale di giornata», «Un anonimo funzionario irrispettoso della nostra sovranità», «Un maestrino che deve riconoscere il suo fallimento e dimettersi subito per manifesta incapacità») quanto maldestre e sbagliate. Molto meglio sarebbe stato, prima, discutere a fondo nel merito dei problemi.
tIl Governo Letta ha confermato l'obiettivo di stare sotto il 3% del deficit in rapporto al Pil e il commissario Rehn ne ha preso atto. Ma la partita vera, nel pieno delle dirompenti tensioni politiche che attraversano la maggioranza di governo anche dopo la sentenza della Cassazione che ha bocciato il ricorso Fininvest contro il risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti, è appena iniziata. Il Governo deve recuperare risorse per circa 6 miliardi, aggiornando in peggio le vecchie previsioni sulla caduta del Pil nel 2013 e lanciando l'operazione di taglio sul cuneo fiscale su lavoro e imprese, largamente condivisa, Bruxelles compresa, per rilanciare la competitività del sistema Italia.

Come è noto, c'è un accordo politico sul blocco della seconda rata Imu prima casa e sullo stop di tre mesi dell'aumento dell'Iva (stop che ora, viste le critiche europee, il Governo potrebbe far saltare) ma su ambedue i fronti le riserve della Commissione europea sono risapute e chiare. L'Europa chiede di spostare la tassazione dalle persone alle cose, da lavoro e capitale ai consumi, ai beni immobili e all'ambiente. Il taglio dell'Imu 2013 lo giudica in controtendenza e di fatto lo boccia. Rafforzando così gli esami per l'Italia e allungando lo sguardo verso la Service Tax che scatterà dall'inizio del 2014 ma che è ancora tutta da scrivere e sulla quale non possono passare partite di giro di altri aumenti fiscali.
uTenere il pareggio di bilancio, abbassare il debito e insieme alimentare la crescita (non dimentichiamo che la pressione fiscale vera, per chi le tasse le paga, supera già il 53%) è operazione difficilissima, che non può non prendere di petto i capitoli dei tagli alla spesa e delle dismissioni. Presuppone il forte sostegno di una consapevole maggioranza politica e un Governo che ambisca a forzare la mano in chiave riformista negoziando in Europa con decisione per estendere l'interpretazione positiva (sul credito d'imposta per innovazione e ricerca, ad esempio) della nuova governance europea.
guido.gentili@ilsole24ore.com

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