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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2013 alle ore 17:01.

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(LaPresse)(LaPresse)

Una Chiesa in mezzo alla gente, di prossimità, di soccorso. Un approccio alla fede che mira all'essenziale e che faccia ardere il cuore. Papa Francesco si apre al mondo con un'intervista a Civiltà Cattolica, la storica e prestigiosa rivista dei gesuiti, curata dal direttore, padre Antonio Spadaro. Una galoppata a ritmi serrati di 29 fitte pagine, in cui Bergoglio risponde sulla fede e sulla Curia, sulla Compagnia di Gesù e sui valori non negoziabili.

Curare le ferite della Chiesa cominciando dal basso
«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso». Parole chiare che rimarcano una pastorale adottata sin dal giorno dell'elezione al soglio pontificio, il 13 marzo scorso. L'intervista - realizzata dal direttore Spadaro nello studio papale di Santa Marta attraverso tre distinti colloqui nel mese di agosto - esce in contemporanea su 16 riviste della Compagnia in tutto il mondo.

Un Papa gesuita, uno stile di governo.
«Quando affido una cosa a una persona, mi fido totalmente di quella persona. Deve fare un errore davvero grande perché io la riprenda. Ma, nonostante questo, alla fine la gente si stanca dell'autoritarismo. Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato ad avere seri problemi e ad essere accusato di essere ultraconservatore. Ho vissuto un tempo di grande crisi interiore quando ero a Cordova. Ecco, no, non sono stato certo come la Beata Imelda, ma non sono mai stato di destra. È stato il mio modo autoritario di prendere le decisioni a creare problemi» dice a proposto delle accuse di autoritarismo che ricevette quando guidò i gesuiti in Argentina, molto giovane.

Consultarsi è importante, ma senza troppi vincoli formali
«Col tempo ho imparato molte cose», spiega Bergoglio riferendosi alla scelta di condividere piu' apertamente le sue decisioni. «E adesso sento alcune persone che mi dicono: "non si consulti troppo, e decida". Credo invece che la consultazione sia molto importante. I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali. La Consulta degli otto cardinali, questo gruppo consultivo outsider (si riunirà a inizio ottobre per la prima volta, ndr) non è una decisione solamente mia, ma è frutto della volontà dei cardinali, così come è stata espressa nelle Congregazioni generali prima del Conclave. E voglio che sia una Consulta reale, non formale».

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