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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2013 alle ore 12:35.

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Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l'abolizione del divieto di portare il velo islamico all'interno delle istituzioni pubbliche, nell'ambito di un ampio pacchetto di "democratizzazione" che ha annunciato oggi. «Eliminiamo il divieto nelle istituzioni pubbliche» ha detto Erdogan spiegando che la fine del divieto vale per tutte le dipendenti pubbliche, escluse quelle delle forze dell'ordine, dell'esercito e della magistratura.

La decisione aprirà un forte scontro con il partito laico CHP, seguace di Kemal Atataurk, il fondatore della Turchia moderna e secolare che di questo divieto aveva sempre fatto un bandiera. Ataturk aveva abolito negli anni 20 l'obbligo del velo e del fez per gli uomini dopo la caduta dell'impero ottomano come simboli del passato da mettere in soffitta. Sulla spinta modernizzatrice Ataturk aveva adottato l'alfabeto latino abbandonando quello arabo e aveva concesso il voto alle donne prima che in Italia.

Ora questa scelta di Erdogan di ripristinare il velo negli uffici pubblici svela la vera intenzione del premier: islamizzare la società turca con il pretesto della libertà personale. Già da tempo alcuni rettori universitari avevano consentito di indossare il velo in alcune università dove prima del governo a guida Akp era severeamenete vietato indossare qualsiasi tipo di simbolo religioso, ra cui il velo islamico.

La Turchia si sta dirigendo va passi veloci verso il modello iraniano, dove il velo per le donne è obbligatorio in ogni luogo all'aperto, passando dalla abolizione del divieto di portarlo all'interno delle istituzioni pubbliche. È la fine della laicità kemalista che per 70 anni aveva tenuto il paese sul Bosforo agganciato alla modernità e all'Occidente. Ed è la fine ingloriosa di un esperimento che non mancherà di provocare nuove proteste.

Il premier Erdogan con questa mossa dà un nuovo segnale di grande attenzione alle masse anatoliche, religiose e conservatrici, seguaci del suo partito rispetto a un modello di stato liberale attento anche alle esigenze delle minoranze. Erdogan confonde democrazia di massa con la democrazia liberale attenta a rispettare i diritti delle minoranze. Non mettere il velo nei luoghi pubblici sarà d'ora in avanti un chiaro segnale di diversità in un paese che al 99% è musulmano.

Lo faranno solo le donne cristiane, ebree o quelle poche laiche che avranno i coraggio di esporsi. Un brutto segnale per un paese sempre in bilico tra oriente e occidente, un segnale inquietante che sta a significare come Erdogan sia pronto a colpire qualsiasi tentativo di dissenso e di vivere in modo laico rispetto ai costumi religiosi della maggioranza della popolazione islamica.

Accanto a queste misure ci sono anche quelle varate da Erdogan per venire incontro alla minoranza curda, che in Turchia che conta circa 15 milioni di persone. Le campagne elettorali potranno essere condotte in lingue diverse dal turco e potranno essere tradotti in lingua curda i nomi di alcune località turche.

Vengono riconosciute anche le tre lettere X, Q e W, presenti nell'alfabeto curdo ma non in quello turco e bandite fino ad oggi. Per quanto riguarda l'istruzione in lingua curda, potrà avvenire solo in istituti scolastici privati. Abolita anche l'esecuzione dell'inno nazionale nelle scuole pubbliche, che gli studenti recitavano tutte le mattine e che esaltava l'appartenenza alla nazione turca. Tutte buone intenzioni che spesso in passato non sono poi state realizzate.

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