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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 11:42.

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Paolo Scaroni (Imagoeconomica)Paolo Scaroni (Imagoeconomica)

NEW YORK - Sfida all'Europa: c'è un legame fra i differenziali sui costi di approvigionamento energetici e l'investimento diretto? Secondo Paolo Scaroni, ceo dell'Eni, il legame esiste eccome. L'America, con il suoi successi sul fronte dello shale gas e con quelli in arrivo per lo shale oil, si è conquistata un vantaggio competitivo nei confronti dei Paesi europei che non potrà essere sostenibile nel medio lungo termine.

Pena, la nostra decadenza in un mondo fatto di Paesi emergenti e di nuove grandi potenze come la Cina, che avanzano rapidamente sul fronte della produzione avanzata e di quello della produttività. «L'aumento della produzione dello shale gas ha creato molte conseguenze – ha detto Scaroni – oggi, la più rilevante è che, mentre parliamo, i prezzi del gas in Europa sono tre volte più elevati rispetto all'America e l'energia elettrica costa 2 volte di più. Costi questi che riguardano sia i consumatori alti che l'industria. Il tema è molto forte... La concorrenza in arrivo dall'America non è cosa da poco, non è equivalente, diciamo, a quella in arrivo dal Qatar o da altri Paesi emergenti. Se aggiungiamo che in Europa si è meno competitivi sul costo del lavoro e su altri fronti, se si aggiunge un forte differenziale sui prezzi del gas, saranno in pochi a fare investimenti in Europa».

Scaroni ha partecipato a un dibattito sul futuro dell'energia con Christophe de Margerie, l'amministratore delegato della Total. Insieme hanno dibattuto di un futuro fatto da batterie avanzate per l'immagazzinamento dell'energia elettrica, fatto di nuove esplorazioni anche nell'Artico di nuove risorse come lo sfruttamento di certi giacimenti di metano. Le domande sempre provocatorie erano di un personaggio del calibro di David Rubenstein, il co-fondatore del Carlyle Group, uno dei più fondi di private equity in America. In co-partecipazione, un esperto del Council on Foreign Relations, Michael Levy.

Sul tema prezzi come su altri temi, ad esempio l'Artico o lo shale gas è stato rinfrescante registrare delle differenze di posizione fra l'Eni di Scaroni e la Total di de Margerie, con un punteggio finale che ha visto Scaroni su posizioni più avanzate dal punto di vista competitivo e di visione di quelle del francese il quale, forse per la natura politica del suo Governo, non ha necessariamente preso posizioni pragmatiche per il futuro competitivo dell'Europa come ha fatto Scaroni. Quando Carlyle gli ha chiesto come avrebbe investito un ipotetico miliardo di dollari se lo avesse avuto al di fuori dell'Eni Scaroni ha dato due risposte, una "rischiosa" e una "prudente".

L'investimento rischioso lo farebbe nelle batterie, la chiave per il il futuro delle rinnovabili dice Scaroni, è nella capacità di immagazzinare importanti quantità di energia elettrica e oggi ancora non siamo all'altezza della sfida, ma quando ci arriveremo la differenza sarà enorme. Dovendo "investire" in modo "prudente", Scaroni scommette su un passaggio dei trasporti dal petrolio al gas naturale: una caloria di gas costa il 20% di una caloria prodotta dal petrolio, «produce un enorme risparmio e la tecnologia è molto facile da mettere insieme».

Ma parliamo di prezzi. Scaroni li vede relativamente stabili/al ribasso, attorno ai 100 dollari al barile, con la possibilità di scendere anche al di sotto di quota cento nell'arco dei tre-cinque anni. L'Arabia Saudita, sottolinea Scaroni, ha la flessibilità di aggiungere o togliere fra i 2 e i 4 milioni di barili al giorno su una produzione mondiale di 90 milioni di barili al giorno. E questo garantisce la stabilità. Si aggiunga che vi sono possibilità di rialzi di produzione in Iraq, in Iran e in Libia, proprio per la Libia Scaroni invia un messaggio molto chiaro: «La Libia è fatta da gente pacifica, nonostante le armi che ci sono in giro e con un esercito debole non vediamo rischi di turbolenze. Non posso credere che la Libia getterà via le sue risorse».

Tornando alla sfida di Fondo, quella della competitività europea per accesso a shale gas, De Margerie non esprime ottimismo, osserva: «In Europa le leggi sono diverse dall'America, i proprietari del terreno non godono delle royalties sulla produzione energetica. In più ci vorranno anni per avere i permessi, mi sembra un percorso difficile».

Ma una soluzione dice Scaroni va trovata. La prima, seguire quel che farà la Gran Bretagna che potrebbe diventare un apripista:«Sono il Paese più pragmatico, stanno esplorando e vedremo a che risultati porterà il loro lavoro... Un'altra, usiamo la Russia come nostro Texas, hanno quantità illimitate, ma una soluzione va trovata pensare che l'Europa possa andare avanti con questo differenziale di prezzo è
impossibile».

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